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da  un  tribunale  all’altro  per  venti  anni.  Nel  1903
           finalmente si giunse ad una transazione con l’impresa
           ormai  fallita.  Sempre  dal  Costa  apprendiamo  che
           l’acquedotto rimase com’era e la fortuna dei sassaresi,
           o  almeno di  una  parte  di  essi,  fu  che  l’acqua delle
           sorgenti  di  Bunnari  penetrò  nel  bacino,  portando
           quindi  acqua  potabile  per  lo  meno  nelle  case  delle
           famiglie più agiate. Il resto della popolazione - alla
           fine dell’ottocento Sassari contava circa 8500 famiglie
           -  si  arrangiò  come  aveva  sempre  fatto:  con  gli
           acquaioli che portavano l’acqua a dorso d’asino dalla
           fontana  di  Rosello.  Torniamo  ai  giorni  nostri.
           Attraversando la passerella di cemento ai piedi della
           centralina più bassa (e passando quindi il rio Bunnari,
           invisibile a causa della vegetazione ma costantemente
           presente  col  suo  scroscìo)  e  inoltrandosi  in  una
           macchia  di  rovi  e  arbusti,  si  arriva  a  una  lunga
           scalinata di cemento che porta fino alla sommità della
           diga. Giunti in cima, andando a sinistra si percorre la
           diga vera e propria, dalla quale ci si può affacciare sul
           bacino,  ormai  vuoto  e  con  l’erba  secca  e  incolta,
           segnata  dai  sentieri  aperti  delle  capre,  oppure  sulla
           valle,  verde  e  rigogliosa  nonostante  la  siccità  degli
           ultimi  mesi.  Ben  visibile  il  segno  che  ha  lasciato
           l’acqua  sulle  pareti  rocciose,  il  quale  dà  l’idea  del
           livello del bacino e della quantità di acqua contenuta.
           Andando invece a destra e superando una recinzione,
           si trova, seppur con qualche difficoltà, un sentiero che
           si  insinua  tra  gli  alberi  e  gli  arbusti  e  porta  a  un
           camminamento che congiunge la diga del 1878 con
           un’altra diga, detta “di Bunnari alto”, costruita mezzo
           chilometro più a monte tra il 1930 e il 1932 per far
           fronte  alla  crescente  espansione  urbana  e  al
           conseguente bisogno d’acqua. Questa seconda diga,
           più  moderna  da  un  punto  di  vista  costruttivo  e
           strutturale,  va  a  delimitare  un  bacino  di  1.200.000
           metri cubi. Il camminamento è costituito, nella sua
           parte iniziale, da una passerella che costeggia a mezza
           altezza la parete rocciosa - praticamente sospesa nel
           vuoto sul bacino con parte della ringhiera di protezione
           crollata - e da una corta galleria. Superando la galleria
           si  può  intravedere  la  diga  “nuova”.  La  storia  della
           diga  “di  Bunnari  basso”  si  concluse  nel  1999.  La


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