Page 24 - Ottobre 2017 interno finale_Neat
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nel tentativo di sentirsi meglio, nell’a- po esile e dolce di questa donna così sta a farsi abbattere, né ha voglia di
bitudine ad una vita più faticosa di bella e intensa. Giovanna parla con sopravvivere guardando tristemente il
quella altrui, nella caparbietà dei ritmi dispiacere del dolore dell’obbligo tempo che scorre. Parlandole ribadi-
di lavoro, nel terrore - celato sempre impostole dai medici di abbandonare sce spesso l’importanza della “quali-
agli occhi di chi guarda - di accorgersi il lavoro. La sua voce esita un atti- tà” della vita, come un dovere verso
che ogni giorno il proprio corpo di- mo prima di tornare al cerotto dell’i- se stessa e verso la sua famiglia. «Non
venta più debole, più stanco e che an- ronia. «Non volevo fermarmi. Una voglio che mia figlia mi veda piegata
che le cose più normali, camminare, volta sono stata costretta a trascinar- dalla malattia. Voglio che da grande
deglutire, parlare, muoversi, appaiono mi su per delle scale a quattro zampe si guardi indietro e ricordi l’infanzia
sempre più complicate e la fatica e la ma non volevo cedere. Il mio lavoro come qualcosa di bello e di normale
frustrazione aumentano. Parlare con era davvero importante per me!» E e che le rimanga l’immagine di una
Giovanna è un’esperienza segnan- quando finalmente giunge una dia- madre sorridente e presente.» Ed è
te. La prima cosa che si percepisce gnosi attendibile, Giovanna sente il proprio per Alessia, la sua “piccola
è di avere a che fare con una donna peso dei “se” e dei “ma”. Con tutta guerriera”, che Giovanna si è lasciata
dall’intelligenza brillante e vivida e probabilità, se si fosse capito prima, ritrarre dall’occhio empatico e atten-
dal cuore pulito e saldo. Scherza Gio- il decorso sarebbe stato più lento, più to di Mariano Marcetti che ha sapu-
vanna. Con l’autoironia di chi sa che controllato, e forse il corpo di Gio- to fermare nel tempo la dolcezza e la
è sempre meglio ridere che piangere, vanna sarebbe stato oggi più forte. bellezza di una madre e della propria
racconta i suoi momenti più difficili: Ma è inutile pensare a ciò che è stato figlia. Raggianti nell’amore che le
anni di dubbi, anni pesanti, di tentati- quando c’è tanto a cui pensare per il lega, Giovanna e Alessia sono lo spec-
vi, di diagnosi errate, di delusioni, di presente. “Canalopatia”, questo è il chio l’una dell’altra. Gli occhi teneri,
burocrazia, di sguardi e di incompren- nome del nemico da fermare, da ral- divertiti e sereni di questa bambina
sioni. Anni di viaggi nel tentativo di lentare il più possibile per continuare che gioca a posare davanti all’obiet-
arrestare l’avanzata di un male senza a vivere il bello di una vita piena di tivo del fotografo sono l’immagine
ancora un nome che ha minato il cor- affetti e di progetti. Giovanna non ci più grande della vittoria di Giovanna