Page 118 - Bollettino I Semestre 2019
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1.3. L’interessato propose quindi ricorso, che fu rigettato senza dare luogo a udienza o a altra
            forma di contraddittorio.


            Successivamente,  negli  anni  seguenti,  l’interessato  fece  più  volte  ricorso  al  giudice  per  una
            revisione della decisione e più volte la sua richiesta senza che lui e il suo difensore fossero sentiti.

            Ciò avvenne anche dopo la riforma legislativa del giudizio di esecuzione, perché il giudice ritenne

            che le nuove norme sulla partecipazione dell’interessato fossero applicabili soltanto alla materia
            delle sanzioni disciplinari, e tale non poteva essere considerata la restrizione ai colloqui difensivi.

            2. La Corte Edu ha anzitutto ribadito che i detenuti continuano a godere dei diritti e della libertà

            fondamentali che la Convenzione riconosce, salva ovviamente la compressione del diritto alla
            libertà personale per effetto dello stato detentivo.


            I detenuti sono titolari, oltre che del basilare diritto alla vita, della libertà di espressione, del
            diritto di praticare il proprio culto religioso, il diritto alla libertà della corrispondenza (v.s entenze
            Dickson c. Regno Unito [GC], n.44362/04,§§67-68,CEDU 2007-v, e i casi ivi citati, Khoroshenko

            c.  Russia  [GC],  n.41418/04,  §§  116-117,  CEDU  2015),  che  per  ragioni  di  sicurezza  e  di
            prevenzione  dei  reati,  possono  subire  restrizioni,  purché  giustificate  nel  caso  concreto  (Vedi
            Biržietis c. Lituania,n.49304/09,§45, 14 giugno 2016 con riferimento a Dickson c. Regno Unito,
            cit.,§§67-68).


            Le restrizioni ai diritti dei detenuti devono essere giustificate sulla base del criterio della necessità
            e devono essere proporzionate. Su questo piano di valutazione occorre considerare che gli Stati
            godono  di  un  margine  di  apprezzamento  ma  grava  su  di  loro  dimostrare  la  necessità

            dell’intervento.

            3. In merito al diritto alla riservatezza nelle comunicazioni con il difensore, la Corte ha ribadito
            che la nozione di “vita privata” di cui all’art. 8, par. 1, della Convezione, ha un significato ampio

            non suscettibile di letture tassative.

            In quest’ambito rientrano le comunicazioni di una persona con il proprio avvocato nell’esercizio

            del  mandato  difensivo  in  una  controversia  sia  civile  che  penale  o  nell’espressione  di  una
            consulenza,  dato  che  il  fine  di  queste  comunicazioni  è  quello  di  assicurare  alla  persona  la
            possibilità di assumere decisioni consapevoli di rilievo per la propria vita.


            4. Si è allora domandata se le diverse forme  di comunicazione con l’avvocato  rientrino nella
            tutela dell’art. 8 ed ha affermativamente concluso, dopo aver rilevato che gli avvocati occupano
            una  posizione  essenziale  nell’amministrazione  della  giustizia  perché  sono  gli  intermediari

            necessari tra le parti e il giudice.





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