Page 121 - Bollettino I Semestre 2019
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«il diritto di conferire con il proprio difensore non può essere compresso o condizionato dallo
stato di detenzione, se non nei limiti eventualmente disposti dalla legge a tutela di altri interessi
costituzionalmente garantiti (ad esempio attraverso temporanee, limitate sospensioni
dell’esercizio del diritto, come quella prevista dall’art. 104, comma 3, cod. proc. pen. […]), e
salva evidentemente la disciplina delle modalità di esercizio del diritto, disposte in funzione delle
altre esigenze connesse allo stato di detenzione medesimo: modalità che, peraltro, non possono
in alcun caso trasformare il diritto in una situazione rimessa all’apprezzamento dell’autorità
amministrativa, e quindi soggetta ad una vera e propria autorizzazione discrezionale».
13. Successivamente a tale pronuncia, la legge n. 279 del 2002 aveva modificato il comma 2-
quater, lettera b), dell’art. 41-bis ord pen. prevedendo limiti relativi alla frequenza, alla qualità
degli interlocutori, al luogo di svolgimento (locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di
oggetti) e a possibili forme di controllo sui contenuti delle conversazioni (controllo auditivo e
registrazione); ma ha escluso espressamente che dette disposizioni limitatrici si applicassero «ai
colloqui con i difensori», con la conseguenza che anche per i detenuti soggetti al regime speciale
restava fermo il diritto incondizionato a conferire in modo riservato con il proprio difensore.
14. Con la novella del 2009, invece, il sistema delle restrizioni per il detenuto in regime speciale
si è irrigidito e le limitazioni hanno avuto ad oggetto anche, nei termini sopra evidenziati, i
colloqui col difensore.
15. La Corte costituzionale ha allora affermato che la norma novellata nel 2009, introducendo
limiti di durata e di frequenza dei colloqui visivi e telefonici con i difensori - limiti che operavano
a prescindere non solo dalla natura e dalla complessità dei procedimenti giudiziari nei quali il
detenuto era coinvolto e dal grado di urgenza degli interventi difensivi richiesti, ma anche dal
loro numero e, quindi, dal numero dei legali patrocinanti con i quali il detenuto si dovesse
consultare - determinava una compressione del diritto in modo “automatico e indefettibile
all'applicazione del regime detentivo speciale”.
Ha quindi escluso che tale limitazione potesse trovare giustificazione nel bilanciamento tra il
diritto di difesa e interessi di pari rilevanza costituzionale, quali la protezione dell'ordine pubblico
e della sicurezza dei cittadini.
Con il richiamo alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo la quale la
limitazione dei contatti confidenziali tra una persona detenuta e il suo avvocato può avvenire
solo se assolutamente necessario, ha statuito che nelle operazioni di bilanciamento non può
esservi un decremento di tutela di un diritto fondamentale se ad esso non fa riscontro un
corrispondente incremento di tutela di altro interesse di pari rango, cosa che non ha ravvisato
nel caso di specie.
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