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depositi) e che si manifesta sotto forma di disturbi, alterazioni, malattie piccole e
               grandi. Inevitabilmente  l’attenzione si focalizza su  questi sintomi, tralasciando
               completamente, e colpevolmente, di verificare se i metalli tossici sono in qualche
               modo in  relazione con  lo  stato  di  salute.  Qualche  anno  fa  la  prestigiosa  rivista
               scientifica  americana “Lancet” ha  pubblicato uno  studio che  dimostrava una
               correlazione tra il morbo di Alzheimer ed un accumulo di alluminio nell’organismo.
               Altri studi invece dimostrano un collegamento tra la sclerosi multipla, l’autismo e la
               presenza  di mercurio; altri ancora il nesso tra cadmio, piombo  e sclerosi laterale
               amiotrofica, altri infine l’effetto nocivo dei metalli pesanti sul sistema immunitario.

























                  LA TERAPIA CHELANTE
               La procedura standard per la rimozione dei metalli pesanti del corpo è
               detta ”CHELAZIONE.”
               Tutto è compiuto con la somministrazione di un agente chelante – solitamente acido
               dimercaptosuccinico (DMSA)  oppure acido  etilendiaminotetraacetico  (EDTA) per
               “chelare”, e cioè “afferrare”, come con le chele di un granchio, i metalli velenosi e
               poi  portarli fuori dall’organismo. -  che si lega  ai  metalli pesanti residenti nello
               organismo facilitandone la naturale espulsione.
               Nonostante  il  nome  complicato,  l’EDTA  è  una  sostanza  abbastanza  innocua  e
               naturale,  simile all’aceto, che non viene comunque  assimilata ma viene
               completamente eliminata dall’organismo, portando fuori con sé le sostanze tossiche
               chelate.
               La terapia chelante è largamente utilizzata negli  Stati Uniti, Svizzera e Germania,
               soprattutto per chelare l’eccesso di Calcio che si accumula sui vasi sanguigni dove
               forma vere e proprie incrostazioni, al fine, quindi, di prevenire ictus, infarti e malattie
               arteriosclerotiche.
               Si effettua  per infusione venosa  lenta,  da 1 a  3 volte  alla settimana e con  dosaggi
               variabili in rapporto alle caratteristiche della malattia e della normalità o meno della
               funzione del rene, dato che il chelato (edta stesso + il metallo legato all’edta) viene
               eliminato per il 95-98% attraverso il rene.
               Un ciclo comprende da venti a trenta fleboclisi somministrate a giorni alterni o meno
               frequentemente.




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