Page 483 - Lezioni di Mitologia;
P. 483

471
              Tremendi auguri! al mio dolor minaccia.
              Quante volte di spighe    i biondi fasci
              Cadon spontanei dalle chiome, e bagna

              I  fissi lumi involontario pianto  !
              Che più ? dei bossi tuoi se tento   il suono
              Dan gemito ferale,   e suonan pianto
              I timpani percossi. Ahimè ch'io tremo
              Di mie lunghe dimore. — A lei rispose
              Cibele : I detti tuoi disperda  il vento  :
              Non  sì gli ozii del ciel Giove avvilirò
              Che alla difesa di cotanto pegno
              II suo fulmin non vibri: Or vai, ma ratta,
              E felice ritorna. — Esce dal tempio
              Cerere, e  i tardi corridori accusa,
              E  li percote non mertata sferza.

              Cerca Sicilia, e d'Ida appena è scesa,
              E paventa di tutto, e nulla spera.
              Sì teme augel che non pennuta prole
              Commise ad umil orno, allor che l'esca
              Recando, pensa che    il  diletto nido
              Scosso dal vento non sia furto all'uomo,
              Preda ai serpi. Poiché mirò la dea
              Negletto  il cardin delle fide porte
              E della flebil casa  il muto aspetto,
              Stupida dal dolor pianto   e parole
              Formar non puote:     i tremuli ginocchi
              Mancano, e scorre per le membra un gelo.
              Ma geme    al  fine, e con  il crin  si strappa
              Le spighe, ed erra per le vote sedi,
              Per gli  atrii desolati, e riconosce
              La tela, suo lungo desio, confusa,
   478   479   480   481   482   483   484   485   486   487   488