Page 282 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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27‘i    LEZIONE mClASSETTESIMA.
          Andava  la mattina  pei ginnasi dove  i giovani s’esercita-
        vano il corpo, e per le scuole dove ricevevano l’istruzione: nel-
        l’ora che la pubblica piazza soleva essere frequentata , ci si por-
        tava anche lui. E andando alla bona qua e là, cercava d’alhic-
        car discorso con chiunque [Kiteva  : giovani o vecchi  , sicchi o
        poveri, [K)litici>o militari  , sofisti o artigiani. La sua udienza era  .
        .sempre numerosa e svariata *ma c’ era  di  quelli che  s’ erano
                    ;
        fatto un' abitudine d’ accomiiagnarglisi dovunque andasse ed es-
        sere suoi continui uditori. Questi erano conosciuti comunemente
        come suoi discet>oli, sebbene né  lui  gli chiamasse con questo
        nome, nè loro gli dicessero maestro.  Il suo metodo d’insegna-
        mento era originale. Fingendo d’essere ignorante  di tutto (ed
        era solito dire: lutto quello eh’ io so  , è di non saper nulla), indi-
        rizzava  al suo collocutore delle domande, quasi avesse  molta
        stima di lui, e ne volesse essere istruito. Ma a forza di domande,
        .sempre opportune, sempre più stringenti,  l’obbligava a rifles-
        sioni per lui insolite, lo convinceva dell’idee erronee che avesso
        e lo conduceva ad accettarne invece delle  più  giuste e razio-
        nali. Per farsi un’ idea piena del .suo mètodo d’insegnare, biso-
        gnerebbe conoscere uno dei  colloqui  tenuti da  lui coi  sofisti.
        Noi  però, per darne un qualche saggio e al tempo stesso  |ier
        ragione di brevità, riferiremo quello che tenne, un giorno, collo
        .scultore ditone:  si vedrà intanto che concetto Socrate aveva
        dell’ arte. « Son  lielli o ditone »  gli disse «  i  tuoi corritori e
        » lottatori e pugilatori e pancraziasti ma quello che principal-
                        ;
        » mente diletta  gli spettatori delle tue .statue, che è la vita che
        » sai infondere in esse, in che modo gliel’ infondi? « E restando
        ditone confuso, e tardando a rispondere:  « Forse, » soggiunse
        Socrate,  o  le tue statue sono cosi animate perchè tu procuri di
        » renderle somiglianti ài modelli vivi che tieni dinanzi? — Per
        » l’appunto. — Cioè tu imiti  il corpo in tutte  le sue  parti,  le
        » quali si presentano diversamente a seconda delle sue posizioni:
        » certe parli s’ abbassano mentre altre s’ inalzano  ; se queste si
        » comprimono, quelle si stendono  ; alcuno cedono quando altre
        B s’allungano: non è egli cosi che tu fai? — Proprio cosi. — E
        B non è quest’imitazione dei movimenti dei corpi che fa piacere
        B le statue a chi le vede?— Credo sì che sia questa. — Non bi-
        B sogna dunque anche rappresentar minaccioso lo sguardo dei
        B combattenti, e lieto quello  dei  vincitori? — Certo. — Dun-
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