Page 309 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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        DALLA MORTE DI PERICLE FINO ALLA PACE DI NICIA.  299
     ùosoje del suo nome, ne ha fatto un -sinonimo del vizio e,della
     bassezza accanita contro la  virtù e  l’ ingegno. Ma  il Grote ha
     emesso una nova opinione. Secondo lui  , Cleone non è ancora
     giudicato. Quanto ad Aristofane, le sue facezie, più o meno ve-
     lenose, non possono avere autorità  in  fatto  di  storia antica,
     come gli articoli spiritosi de’ nostri giornali umoristici 'per esem-
     pio il Fischietto di Torino)- non possono averne per  la  storia
     contemporanea. Si noti di più che non molto prima dei Cavalieri,
     Aristofane aveva fatto rappresentare le ATuoo/e, nelle quali mette
     in ridicolo Socrate: per cui  bisogna ben dire eh’ e’ non fosso
     sempre onestamente  ispirato. Quanto  poi  a Tucidide, e’ dovè
     subire, come vedremo più giù, una grave condanna, per opera
     specialmente di Cleone. Non è egli dunque lecito sospettare che
     scrivendo di lui-si lasciasse dominare da un risentimento  per-
     sonale? Comunque sia, fu Cleone, io ripeto, che parlando della
     necessità di dare agli altri un terribile esempio, spinse  il jiopolo
     d’ Atene  al decreto di morte contro
                     i  Mitilenesi. Ma  il giorno
                            si riadunò
     dopo, ritornato quel popolo a sentimenti più miti,
     pér trattare novamente la cosa. Cleone  difese  la deliberazione
     già presa  ; Diodoto gli si oppose e parlò per la clemenza. Fu ap-
     provata  l’opinione  di questo, e  fu mandata immediatamente
     una nave a  portare a Mitilene  il contrordine. Quantunque la
     nave portatrice del decreto fatale fosse partita un giorno innanzi
     della seconda  , pure questa vogò con tanta prestezza che arrivò
     a Mitilene nel nlbmento che Paebete, dopo aver letto quel de-
     creto, stava per metterlo in esecuzione. Cosi
                        i  Mitilenesi furon
    .saK'i. Ma la clemenza ateniese non s’estese a  tutti e  a  tutto:
              i prigionieri che Pachete aveva già man-
     giacché furono uccisi
     dati ad Atene e che erano un po’ più di 1000; furono demolite le
     mura di Mitilene e conQscate  lo sue navi  ; e tutto  il territorio
     dell’isola, meno quello di Metinno, fu diviso in 3000 porzioni,
     e distribuite a sorte ad  altrettanti Ateniesi. Questi però pattui-
     rono di  lasciarle agli agricoltori  di Lesbo ricevendone  invec:e
     ogni anno due mine (poco più di 180 franchi) per ciascuna por-
     zione.
       Al bon esito dell’ impresa  di Lesbo tenne dietro la lacri-
     mevole rovina di Platea. Quanti prodigi di valore può fare una
     città assediata, tanti ne fecero i Plateani durante  il rigoroso as-
     sedio di due anni. Ma finalmente quello che non  ottennero  le
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