Page 335 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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SPEDIZIONE DI SICILIA.  325
    bizione. Ma  tutto fu inutile  : parve anzi che  l’ esperienza e la
    prudenza  di  lui, unita all’ardire d’ Alcibiade e alla mitezza di
    Lamaco, rendesse più sicuro  il bon esito  dell’ impresa  , e fu di
    novo confermata la sua elezione al generalato. L’ oratore Demo-
    strato, uno dei più caldi fautori di questa guerra, invitò Nicia
    a cessare oramai  l’opposizione; e propose un decreto, che fu
    approvato dal popolo, col quale s’accordava ai generali pieno
    potere di consigliare e di fare, e in Atene e in Sicilia, tutto ciò
                  *
    eh’ e’ crederebbero conveniente. »
      Durante gli apparecchi della spedizione, giravano nel po-
    polo presagi e predizioni d’ogni  sorta: quale era favorevole,
    quale avverso  all’ impresa  , a seconda delle opinioni di chi  gli
    metteva in luce  : e  il  po[)olo ne veniva variamente impressio-
    nato. Alcibiade si dette cura di farsi arrivare, per mezzo di de-
    putati  , un oracolo di Giove Ammone promettente agli Ateniesi
    che avrebbero fatti prigionieri tutti  i Siracusani. Aveva questo
    dissipato in gran parte le sensazioni sinistre, quand’ebbe luogo
    un gravissimo avvenimento:  la mutilazione degli Ermi. Questi
    Ermi erano facce e busti di Mercurio ('Epunc) basati su un pi-
    lastro quadrangolare, dell’altezza, in tutto, d’un uomo. Situati
    in gran numero-per le piazze, e ai crocicchi delle vie, e nei ve-
    stiboli dello case e dei templi  , e nei portici più frequentati, gli
    erano un grand’ oggetto di venerazione pel cittadino ateniese che
    associava a quelli ogni atto della sua vita. Ci s’immagini dunque
    da che terrore e sdegno e sgomento a un tempo furono invasi gli
    animi degli Ateniesi, quando, una mattina di maggio, fu visto
    che gli Ermi erano stati tutti  , meno uno ,  atterrati nella notte
    precedente, e cosi malconci da non parere che pezzi di pietra
    privi di qualunque immagine! Questa cosa fece nel popolo la più
    triste impressione  : la si chiamò un empio oltraggio agli Dei  ;  si
    considerò come un funesto presagio di gravissime sciagure che
              s’ incominciò una ricerca per punire  i
    soprastavano alla città  ;
    sacrileghi  ; e si decretò dei premi per chi gli denunziasse.
      Alcibiade, se aveva amici e fautori in gran copia, non era
    privo però di nemici. Era fra questi Iperbole, uomo spregevole
    ma che esercitava qualche influenza sulla  moltitudine. Costui,
    poco prima dell’ affare degli Ermi, aveva fatto sUbilire un giorno
    per  la votazione dell’ ostracismo  ; e ciò coll’ intenzione di fare
      * Wul., iVicifl, ts.
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