Page 416 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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406          LEZIONE VENTIQUATTRESIMxV.
           pitale. Pelopida cercò  di difendersi; Epaminonda, no. Ma nel
           dichiararsi pronto a subire la condanna, e’ chiese per grazia che
           fosse iscritto sulla sua tomba la vittoria di Leuttra, l’assedio di
           Sparta e la fondazione di Messene. Questo bastò perchè  tutt’ e
            duo fossero assoluti.
               Nella primavera del seguente anno 368, Sparta ricercò l’al-
            leanza d’ Atene, e l’ottenne. Gli Arcadi chiamarono novaraente i
           Tebani nel Peloponneso  , e vennero con alla testa Epaminonda. Ci
           entrarono dunque per la seconda volta, malgrado gli sforzi fatti per
           impedirgli  il passaggio dell’ ismo da un’ armata spartana e ate-
           niese; soggiogarono Sicione e Pellene; poi tentarono un assalto-
            improvviso a Corinto, ma andò a vóto. Mentre Epaminonda fa-
           ceva queste cose nel settentrione della penisola, gli Arcadi in-
           vadevano la Laconia, prendevano Pedana e mettevano a morte
           la guarnigione che I ci avevan trovato. L’ arrivo d’un rinforzo-
           mandato a Sparta da  Dionigi  di  Siracusa e  l’ annunzio d’ un
           secondo rinforzo che doveva venire, decisero gli Arcadi e  i Te-
            banì a tornarsene alle loro città.
               Lasciato il Peloponneso, Tebe andava a immischiarsi ne-
           gli affari della Tessaglia. Questa provincia, dopo essersi lacerata
            per lungo tempo colle dissensioni intestine, era stata inalzata da
           Giasone al più alto grado di potenza a cui sia salita giammai.
           Dapprima Giasone non aveva che la signoria della città di Fere
            dove, fino ab antico, ci dominava la sua famiglia. Uomo di grande
           ingegno, di vaste idee, di molta ambizione, di un’ attività straor-
           dinaria, e’ non si poteva contentare di quella piccola signoria;
           aspirava alla conquista di tutta la Tessaglia, la quale doveva es-
           sergli scala alla conquista della Grecia, e questa a quella del-
           l’impero persiano. A tale scopo  organizzò un corpo  di 6000
           mercenari e se gli cattivò coH’arti dei gran generali  : lodando e
           premiando generosamente  i più valorosi; curandoli, se malati;
           onorandone le ceneri, se morti  ; dividendo con loro  i pericoli e
           le più dure fatiche. Col mezzo di questi estese a poco a poco la
           sua potenza, obbligando le vicine città a entrare in alleanza con
           lui, vai a diro a riconoscere  la sua supremazia. Né lo facevano
           mal volentieri, in grazia della dolcezza e lealtà veramente ca-
           valleresca con cui le trattava. Gli restava da occupar Farsaglia
           che era una delle città principali e che si credeva sostenuta da
           Bparta.  I cittadini avevano datp somma autorità a Polidamante.





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