Page 76 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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OG        LEZIONE QUARTA.
       vono. Eppure  l’ autore di quelle due miniere di bellezze inarri-
       vabili e  d’ importanti notizie,  il poeta a cui sette antiche città
       si disputavano l’onore d’ avergli dato  la culla, s’è creduto in
       tempi recenti e si crede ancora, specialmente in Germania, che
       non abbia mai  esistito. L'Iliade dunque e  1’ Odissea, invece
       d'essere per questi critici scettici l’opera d’ un solo poeta, non
       sarebbero che  l’ opera  di  parecchi rapsodi  (si chiamavan cosi
       certi poeti che facevan professione d’ andar cantando pei diversi
       paesi di Grecia),  i brevi canti dei quali, composti prima isolata-
       mente, sarebbero stati in séguito uniti fra loro, formando in tal
       modo  i poemi interi. La ragione principale su cui  s’ appoggia
       quell’opinione, si è che  l’ arte della scrittura fosse affatto ignota
       ai Greci al tempo che si suppone essere state composte ['Iliade
       e r Odissea; e però si dice improbabilissimo, anzi moralmente
       imjiossibile che due poemi di tanta lunghezza gli abbia potuti
       concepire e comporre una mente sola col solo aiuto della memo-
       ria propria o d’altrui. In una precedente lezione s’ò detto sulla
        fede d’ Erodoto che  i Fenici introdussero in Grecia l’alfabeto. Se
        questa notizia è vera (e  i filologi  1’ ammettono generalmente), ci
        pare che  si dova credere allo storico anche  le notizie che ag-
        giunge sullo stesso proposito. Ora dice che gli Elleni Ioni usando
        dell’alfabeto portato dai coloni, lo moditicarono alquanto, per
       adattarlo certo ai suoni  della propria lingua  ; o che le lettere
        dell’alfabeto furon chiamate dai Greci lettere fenicie. ‘ Non par-
        rebbe dunque da questo passo d’ Erodoto che  1’ uso della scrit-
        tura fosse antico fra i Greci? Se questi non n’avessero usato,
        a\ rebbero cercato nemmeno di modificare  1’ alfabeto fenicio ? E
        se non si fossero approfittati del benefizio ricevuto dai Fenici,
                          , per dovere di grati-
        avrebbero dato allo lettere portato da e.ssi
        tudine, un epiteto che ne rammentasse l’origine? 3Ia poiché si
        potrebbe dire  che questo avvenne  in tempi  posteriori, ecco
        un’altra prova. Racconta Omero che Preto re d’Argo, avendo
        dato ascolto a delle accuse sportegli a carico di Bellerofonte, ne
        desiderò la morte. Ma non volendolo uccider lui stesso, lo mandò
       dal re di Licia suo socero, coll’incarico  di portare a quel re
        cr dei segni funesti, avendo scritto su una tavoletta chiusa, molte
        » cose^che gli dovevan far perder la vita, e gli raccomandò di
                 L> 'Ht-t  .  , -  _ h  tir-.  }
          • Erod. V, 58.
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