Page 3 - Il luogo della meraviglia
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epigoni: e dunque a Ottavio Farnese (1524 – 1586), e poi, dopo il   figlio Alessandro, a Ranuccio I,

          Odoardo e Ranuccio II, i quali  intervennero in tre realtà storico-politiche con differenti  inclinazioni.

          La figura di riferimento di maggiore interesse per noi  è senza dubbio Ottavio, il committente dei cicli

          pittorici in esame.  A meglio comprendere le scelte iconografiche condivise dal duca con la variegata

          squadra   di   artisti,   pittori,   miniatori,   incisori,   scultori,   dei   quali   si   era   attorniato   e   di   cui   recano
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          testimonianza i documenti,   va ricordato che la vastità degli intrecci  culturali,  delle  stratificazioni
          simboliche e dei rimandi allegorici nelle relazioni politiche ed economiche del Cinquecento europeo
          rende complessa e problematica (e dunque non ben definibile in una puntuale individuazione) l’analisi di

          specifici   modelli   culturali   e   iconografici,   declinati   e   interpretati   entro   il   canone   generale

          dell’autocelebrazione e della moralizzazione, ma  correlati  alle  finalità dei singoli committenti.

          Se ne può tuttavia cogliere un dato  incontrovertibile: il mito di dei ed  eroi, Ulisse, Apollo, Enea, Ercole,

          Teseo oppure Orfeo etc., delle sofferte  peregrinazioni, imprese o fatiche, rappresenta al più alto grado la

          civiltà rinascimentale, quanto alle avventure nell’universo reale come nel mondo di fantasia  ispirato a  un
          modello ideale, dai connotati spesso moraleggianti. Il  mito attrae indistintamente i desideri e gli obiettivi

          dei   committenti,   distinguibili     a   seconda   dei   diversi   orientamenti,   e   delle   relative   ambizioni
          autocelebrative   nel   registro   delle   singole   relazioni   politico-sociali   fra   committenti   e   artisti.   Della

          mitografia, assai ambita   già a partire dagli anni Quaranta del Cinquecento dall’indirizzo cosiddetto
          ‘romanista’, ovvero dall’ispirazione alla civiltà classica greco-latina che tanto affascinava gli artisti

          francesi e fiamminghi presenti nell’Urbe, si appropriano,  quale investimento e supporto per l’adesione ad

          una cerchia  culturale nobilitante dai gusti raffinati, sia le aristocrazie  di tradizione feudale, rinnovate
          nella nuova facies del principato umanistico, che le classi mercantili.


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          E’ possibile individuare, come già supposto da M. Lorandi,    nella produzione artistica fra l’inizio del
          Cinquecento e i primi decenni del Seicento, che conosce il suo momento di punta fra metà secolo e il
          1580, tre esempi di committenza esemplare: quella principesca della dinastia dei Valois a Fontainebleau,

          dei Medici di Firenze a palazzo Vecchio, dei Farnese a Parma nel palazzo del Giardino, cui se ne
          potrebbero aggiungere altre.


          Quella parmense dei  Farnese, del duca Ottavio nel caso nostro, è strettamente legata al grande esempio di



          3 Si vedano M.C. Chiusa, Addenda per Bertoja-Mirola e le stanze <<meravigliosamente dipinte>>, in Affreschi
          Nascosti a Parma  Bertoja e Mirola al palazzo del Giardino,  Convegno internazionale a cura di Maria Cristina
          Chiusa, Parma, 23 maggio 2013, Parma 2018, pp. 183-220, con bibliografia e documenti; e A. Talignani – F.
          Tonelli,  Bertoia, Paganino, Baglione alla corte di Ottavio Farnese 1571-1574,  in  Cesare Baglione,  atti del
          convegno 28 novembre 2015 cit., 2017, pp. 83-123, con appendice documentaria.

          4 M. Lorandi, Il mito di Ulisse nella pittura a fresco del Cinquecento italiano, con la collaborazione di O. Pinessi,
          Milano 1995.
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