Page 6 - Il luogo della meraviglia
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originaria assegnata attendibilmente a Jacopo Barozzi, il Vignola, per quanto riguarda la parte centrale
          cubica e la relativa facciata.


          La nostra visita  è indirizzata al cuore del progetto primigenio, avviato nel 1561  dal Vignola: nonostante

          il tragitto in salita, i vani che ci stanno a cuore dovevano essere ubicati proprio lì, negli spazi adiacenti
          alla prima sala a destra nell’attuale piano nobile, oggi corrispondente alla sala degli Uccelli. La  sequenza

          di stanze, interamente affrescate con buona probabilità, distribuite all’interno, oltre la serie degli ambienti

          prospicienti la facciata e  visitabili, è attualmente occupata dagli uffici e dall’archivio del comando dei
          Carabinieri. A compensare il dislivello fra il piano nobile odierno e le salette nell’attuale   sottotetto,

          collocate a una quota più elevata,  sembra intervenisse il mezzanino soprastante il piano nobile, previsto
          nel progetto di facciata vignolesco, ove   il motivo della grande serliana centrale congiungeva   con

          raffinatezza  il piano nobile e il mezzanino soprastante, sino a divenire quasi un tutt’uno.  Il mezzanino
          posto in essere  da Vignola dovette contribuire, in altri termini, ad  accorciare  la  distanza delle quote fra i

          due  livelli orchestrati  da Petitot nel Settecento.


          Infatti, una volta entrati nelle due stanze a sinistra della loggia centrale, al secondo piano del palazzo di

          Ottavio, nelle cosiddette  Sala di Perseo e dei Paesaggi, desta sorpresa che I soffitti originari dei due vani
          siano nascosti da una volta, realizzata a quota inferiore, di una stanza più ampia voluta da Petitot, nel

          corso dei restauri del palazzo. Il rifacimento architettonico petitotiano determinava di fatto la ‘perdita’
          irreversibile dei cicli  affrescati che continuavano  al di sotto nei vani prima indicati: unica parte superstite

          è  la sezione alta con il soffitto originario, oggetto di queste note.
          Delle due salette rettangolari, quella a sud, dedicata a Perseo, è meglio conservata, nonostante lo stato

          precario   di ammaloramento aggravato da progressive   cadute di colore, anche recenti; l’altra, del

          Paesaggio a nord, versa in pessime condizioni. I frammenti pittorici, labili ma percettibili, e le ragioni
          storico-documentarie segnalano qui la presenza di un ulteriore vano affrescato, e dunque il terzo della

          serie, confinante con la facciata ed oggi inaccessibile, come già indicavo nel mio contributo ultimo, e
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          come suggerito da G.  Pertot e M. Ricci.
          A seguito della presente indagine fotometrica, e dunque  risolte le incertezze iconografiche  espresse in

          precedenza, sembra attendibile poter confermare nel vano a sud la rappresentazione pittorica delle storie
          di Perseo: per le ragioni esposte prima, sarebbe tuttavia  inutile tentare di individuare  riscontri pittorici

          che   restituiscano   integralmente   le   vicende   dell’eroe   mitologico,   e   tanto   è   da   estendere   all’intera
          decorazione del palazzo.



          9 G. Pertot - M. Ricci, “Il Palazzo del Giardino di Parma – Nuovi dati sulla sua facies all’epoca di Ottavio Farnese
          (1547 – 1586)”, Bollettino d’Arte, 103-104, gennaio-giugno, Roma 1998, pp. 67-102. Il ricco saggio, completo di
          planimetrie e prospetti, evidenzia con chiarezza le stanze, oggi “nascoste” ed adibite ad altro utilizzo, già a partire
          dall’intervento di Petitot.
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