Page 10 - Il luogo della meraviglia
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Non ci è noto se Bertoja e Mirola avessero visitato la Domus e se ne fossero direttamente ispirati; è
tuttavia certo che i due artisti avevano bene a mente il ricco repertorio della dimora grazie alle copie, più
o meno modificate, di tanti artefici: si schiude al proposito un universo ove i nomi di Girolamo da Carpi,
Giovanni da Udine e molti altri ricorrono con frequenza. Resto persuasa che Perin del Vaga, Polidoro da
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Caravaggio e Prospero Fontana possano essere per la nostra ‘coppia d’arte’ le fonti più plausibili.
Data la frammentarietà dell’affresco rinvenuto diventa difficile identificarne gli autori e l’iconografia: si
tratta di uno scorcio paesaggistico che non ha cornice come i pinakes idillico-sacrali o ‘all'antica’, ma
non è neppure parte integrante, incardinata, di un sistema a grottesca. Ai pinakes idillico-sacrali, meno
frequenti nelle decorazioni a partire dal 1565-1570, subentravano le vedute di paesaggi che, superate le
cornici e all'interno dei sistemi a grottesca, divenivano parte integrante della catena ornamentale. Un
esempio è offerto da Cesare Baglione (Cremona, notizie dal 1565 – Parma, 1615), che estesamente
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attivo a Parma e nel parmense, enfatizza sino all'estremo questa tendenza.
Il nostro tempietto in rovina sembra testimoniare, come suggerisce M. Brunetti, un interessante momento
di passaggio in tale processo: nei limiti denunciati della frammentarietà del dipinto, si rivelano infatti
palesi l'assenza di una cornice delimitante e di un sistema a grottesca che lo incardini.
Il minuscolo affresco sembra richiamare la storia di Vertumno e Pomona descritta da Ovidio in
Metamorfosi (XIV, 623-697, 765-771): due divinità protettrici dei giardini, degli orti e dei frutteti.
Pomona, una ninfa della mitologia greca, viveva nei boschi e incarnava la forza rigogliosa della natura:
assieme alle compagne aveva il compito di cantare, danzare e trasmettere la bellezza del creato. I satiri,
Pan e Silvano avevano tentato vanamente di sedurla; Vertumno, invece, dopo ripetuti insuccessi, era
riuscito a conquistare la giovane ninfa.
La nostra raffigurazione, quanto alle tematiche classiche, trasferibili pure su di un piano simbolico, e
all’interesse accordato ai giardini, alla frutta e alla vegetazione, passioni prevalenti di Ottavio Farnese,
sembrerebbe trovare riscontro in questo soggetto che guadagnò grande favore a partire dal secolo XVI.
Né è forse un caso che Primaticcio avesse realizzato su una delle pareti del Padiglione di Pomona a
Fontainebleau un affresco, perduto, intitolato all’Unione dell’affascinante dea con Vertumno.
Ma sono altri gli aspetti che preme qui sottolineare: l’identificazione di questo nuovo vano sulla base dei
supporti documentari, con la relativa collocazione logistica, e la definizione della paternità pittorica del
ciclo ritrovato.
14 Si veda la nota precedente. Più in particolare l’opera pittorica e grafica di Perin del Vaga e di Prospero Fontana,
si pensi, ad esempio, a palazzo del Principe Doria a Genova, si rivela al riguardo interessante.
15 Sull’attività di Cesare Baglione per Ottavio Farnese e in generale a Parma e nel parmense si vedano A.
Talignani – F. Tonelli, Bertoia, Paganino, Baglione alla corte di Ottavio Farnese 1571-1574, in Cesare Baglione,
atti del convegno 28 novembre 2015 cit., 2017, pp. 83-123, con bibliografia precedente e appendice documentaria;
e M.C. Chiusa, <<Risoluto e copioso, come quello che d’ogni cosa dipinse>>: Cesare Baglione e un nuovo ciclo
di affreschi, in L’Arte di vivere l’Arte – Scritti in onore di Claudio Strinati, a cura di Pietro di Loreto, Roma 2018,
pp. 155-161, con bibliografia.