Page 8 - Il luogo della meraviglia
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stato di conservazione, sembra coniugare gli elementi del  secondo stile interpretato dai paesaggisti, che

          dipingevano a Pompei  i particolari dei giardini, molto richiesti dai committenti. Nella saletta dedicata a
          Perseo, invece, l’impaginazione prospettica e la tridimensionalità sembrano accompagnarsi a strutture

          piatte con campiture monocrome, prevalentemente scure, assimilabili a tendaggi e tappezzerie, al centro
          delle quali sono dipinti a tinte chiare piccoli pannelli raffiguranti scene di vario genere, sull’esempio dei

          pinakes pompeiani.



          La scoperta di un nuovo ciclo di affreschi



          E la sala della Ruina, indicata dalle fonti? Narra Nicodemus Tessin   ne la Descrizione del piano nobile

          del Palazzo del giardino di Parma (1688);
          <<[...] Nella stanza successiva rappresentazioni di Marcantonio del Mirola (oggi sala detta dell’Ariosto).

          Da qui si passa nella sala della Principessa (oggi del Bacio) anch’essa dipinta dal Mirola...e si accede poi

          alla parte centrale del palazzo con loggia di soffitti dipinti da Giovanni Fiamengo. Dietro verso il cortile
          si trova la stanza della Fontana. Ritornati dall’altra parte del palazzo attraverso la stanza detta della

          duchessa si accede in un ambiente definito della Ruina a causa dell’opera di stuccature “spezzata” e
          “rovinata” da mattoni dipinti che dovevano rappresentare lo spessore dei muri. Fra questi vi sono come

          delle vedute con figure sotto paesaggi dipinti da Albertoja[...]>>. 10

          Le ricerche e le notizie documentarie avevano legittimato  la possibilità che i cicli dipinti, della stanza
          della Ruina soprattutto,  fossero  nascosti, come si è detto in precedenza, sotto l’intonaco in un vano del

          piano nobile nell’ala sud-ovest. Ma le caratteristiche degli affreschi a noi noti della saletta attualmente
          intitolata ai paesaggi, le ‘spezzature’ e i mattoni dipinti che ‘rovinano’ l’opera, a detta di Tessin,

          sembrano descrivere in realtà un affresco a noi noto, di cui una parte soltanto è rimasta sotto l’intonaco a

          seguito dei rifacimenti settecenteschi: quello che dà il nome all’ambiente intitolato ai  Paesaggi. Si rivela
          lecito dedurre che quest’ultimo altro non sarebbe se non la sala della Ruina. Tutti gli elementi sembrano

          collimare, dal profilo iconografico, a quello documentario e logistico: e il vano architettonico offre  un
          riscontro puntuale con l’ambiente descritto più sopra.

          Ma la prova del nove è offerta da una scoperta assai recente, resa possibile dalle  indagini fotometriche
          del rilievo scientifico degli ambienti svolte da S. Botti (ditta ABACUS), grazie al sostegno del Rotary

          club Parma est. Infatti l’ipotesi, già avanzata da chi scrive, che tutto quel vano, reso inaccessibile dagli

          interventi di Petitot, fosse affrescato, è stata confermata. I frammenti pittorici  e le tracce di colore che
          avevo potuto avvistare in precedenza  oltre il varco presente nella parete della sala di sud-ovest, ( di



          10 Nicodemus Tessin, Descrizione del piano nobile del Palazzo del giardino di Parma (1688); Per la descrizione di
          Tessin del piano nobile del palazzo si veda O. Sirén, “Nicodemus Tessin d. y.s studieresor…”, Stockholm 1914, pp.
          213-14.
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