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legata al cosiddetto mondo paranormale, non interessava se si potesse dimostrare
scientificamente l’esistenza dell’anima come natura primigenia dell’uomo, bensì lo
sviluppo dei poteri paranormali a cui veniva associava da sempre questa ghiandola.
Quello che alcuni pionieri di queste ricerche divulgarono, rompendo il muro del
silenzio, fu che i servizi segreti americani, russi e israeliani reclutarono sensitivi,
medium e chiunque dimostrasse di possedere doti paranormali per poterli studiare.
La ghiandola pineale, che contiene cellule pigmentate simili a quelle che si trovano
nella retina, è sensibile alla luce e reagisce all’alternanza periodica di luce e di buio
che l’occhio recepisce e trasmette. In un certo senso l’epifisi è un organo del sistema
visivo, non dissimile dalla corteccia visiva. La trasmissione del segnale luminoso
parte da una serie di neuroni che originano dalla retina e arrivano all’epifisi.
Se il corpo è l’interfaccia per il mondo materiale ecco che l’epifisi lo diventa per il
mondo metafisico e per le sue regole matematiche (frattali) le sue proporzioni, le sue
vibrazioni energetiche.
Oggi siamo ancorati al piano fisico a causa della nostra limitata capacità di
interfacciarci con ciò che la cosmologia del Progetto Atlanticus definisce “Piano
Astrale” popolato da esseri trascesi che le religioni hanno definito demoni o angeli
(o esseri di luce) e che forse i nostri amici animali sono in grado di vedere.
Ma un giorno l’energia implicita nel nostro essere necessariamente verrà liberata
tornando a unirsi con il cosiddetto “Piano Cosmico”.
Da migliaia di anni a questa parte si è cercato di migliorare questa interfaccia, ma,
considerati anche gli esempi di cui sopra, sembra che invece di migliorare, il
percorso di consapevolezza introdotto dai grandi maestri di un tempo (Horus, Thoth,
Cristo, Siddartha, etc. etc.) abbia avuto invece uno stop con l’avvento della chiesa
cattolica.
Questo ha limitato di molto le capacità sensoriali ed extra-sensoriali umane. Basta
vedere la tabella sottostante per valutare come l’uomo abbia perso nel tempo molte
delle capacità “programmate” nel nostro DNA, così come quello di tutti gli altri
esseri viventi.
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