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cefissione, risalenti probabilmente alla fine del XV secolo.
La sua dedicazione fa presumere che sia stato edificato durante
una pestilenza, poiché Rocco, santo francese, di ritorno da Roma,
dove era arrivato come pellegrino sulla via Francigena, si era fer-
mato, tra l’altro, nelle vicinanze, nel paese di Sarmato in Val Treb-
bia (PC), dove, dopo aver sconfitto il morbo, si era adoperato per
soccorre e guarire i vari contagiati. Siamo nella seconda metà del
XIV secolo.
La campagna che circonda il capoluogo porta ancora l’impronta
della centuriazione romana; il rinvenimento casuale, durante gli
scavi di un salumificio di una villa rustica attiva forse dal I sec. a C al
IV d.C. ha permesso di ricostruire la quotidianità della vita di un’u-
nità agricola praticamente autosufficiente. Il paesaggio agrario è
punteggiato da case coloniche con la caratteristica architettura: la
casa contadina con la porta morta che la separa dalla stalla e dal
fienile e la barchessa lungo il lato lungo per offrire copertura. Al
piano terreno la cucina con la saletta e al primo piano le camere.
Una scala ripida porta al solaio, asciutto, dove si conservavano il
frumento e la frutta. La stalla è generalmente a tre navate, col sof-
fitto a botte e il pavimento in mattoni, mentre il fienile, per man-
tenere aerato l’ambiente, presenta alle pareti le artistiche gelosie
in mattoni e, a volte, un rosone. Intorno altri fabbricatelli col forno,
il pollaio e l’immancabile porcile, dove il maiale era tenuto per l’in-
grasso. Queste abitazioni ci restituiscono gli utilizzi e gli stili di vita
dei nostri vecchi, incompatibili con le esigenze di oggi; quasi tutte
sono testimoni silenziose di abbandono e trascuratezza. Sarebbe
molto costoso recuperarle, ma sarebbe altrettanto importante
preservarne almeno una e attrezzarla per conservare memoria del
mondo contadino che ci ha prodotto. Le camminate, che numero-
se possono essere organizzate sul territorio, offrono un panorama
completo dell’economia del paese, quando ha incominciato ad
industrializzarsi: dai prati di erba medica alle stalle, da queste ai
caseifici con le porcilaie dove era nutrito il maiale con gli scarti
della lavorazione del formaggio fino agli stagionatori con gli alti e
stretti finestroni che ricordano come questa sia una zona climati-
camente adatta alla stagionatura ideale.
Il Museo del Salame, dal castello, sembra vigilare su tutto e ral-
legrarsi che i cittadini, attraverso l’interessamento e l’impegno
dell’associazione Natura e Vita e dell’Amministrazione, abbiano
voluto preservare i ricordi collettivi e mettere una cornice alla la-
boriosità e alla maestria dei suoi artigiani.
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