Page 103 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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gentili. Era finito anche sul giornale. Così gli avevano detto.
Ma lui aveva un solo chiodo fisso in testa: il suo padrone.
Così aveva cominciato a cercarlo. E quando una mattina i
nuovi “umani” l’avevano portato con loro, fuori, era scappato.
Un gesto di ingratitudine: «Mi perdoneranno. Io ho legato la
mia vita ad un’altra persona». Non sapeva raccontare, no,
come avesse trovato quel cancello imponente, con tutto quel
via vai di gambe, e di fiori. Né come era arrivato sulla tomba
giusta. La fotografia, però, quella l’aveva riconosciuta subito.
Dunque era stato messo lì. Dunque era in quella scatola di
marmo. Aveva grattato, bussato con le zampe. «Sono io, non
mi senti?». Doveva avere una gran porta dura, quella cosa. E
solo allora aveva capito: che forse lui, davvero, non si sarebbe
svegliato più. Era rimasto lì, come un orsetto stropicciato e
gettato via. S’era accasciato su quel marmo, affamato, triste.
Qualcuno gli si era fatto intorno. Gli avevano portato qualcosa
da mangiare. Sentiva un gran chiacchiericcio, di quelli che il
padrone detestava. E aveva capito che no, non doveva dare
troppo nell’occhio. «Scusa, padrone. Ogni tanto mi alzo, e
faccio perdere le tracce». Così, alla gente era sembrato che
arrivasse e che sparisse. «In realtà, non me ne sono più an-
dato». La gente questo non lo sa. Crede che il cagnetto, alla
fine, si sia allontanato, e si sia dato pace. La gente sa solo che
è accaduto qualche tempo fa, ma il ricordo è ancora vivo in
chi ha incontrato questa creaturina smarrita. «Non sono mai
più andato via. Solo che non tutti riescono a vedermi». La
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