Page 98 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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terra.  Non  era  più,  non  era  più.  Me  l’avevano  portata  via.
                L’avevano presa. E non potevo fare niente. Non ho più potuto
                fare  niente,  per  lei,  se  non  conservarla  per  sempre  nel  mio
                cuore, nella speranza che non abbia sofferto, che le sia stato
                risparmiato ogni dolore».

                Nessuno, in quella casa di riposo, ricordava più nemmeno l’e-
                sistenza  del  virus.  Quella  storia  era  troppo  toccante.  Emilio
                continuava  a  sorridere,  con  gli  occhi  innamorati  di  quel  ra-
                gazzino che era stato, in quei momenti difficile. «È il 25 aprile

                – disse – è il 25 aprile».
                Rosa sorrise:  «Sì,  Emilio. Lo è. E non importa, se non pot-
                remo uscire. È come dici tu. La libertà è qualcosa che si cus-

                todisce  nel  cuore».  Ebbero  tutti  l’impressione  di  vedere  an-
                cora per un istante il sorriso di quella bellissima staffetta par-
                tigiana, che guardava il suo Emilio. Fece un cenno di saluto,
                come un arrivederci, e svanì.

                Era  stata  di  certo  solo  un’illusione  collettiva,  un  effetto
                dell’intensità del racconto, ma quella sera se ne andarono tutti
                a dormire con un immenso senso di pace. Il primo a salire fu
                Emilio.

                Sulle scale si girò, per salutare tutti.

                «Separarsi è una pena così dolce – sussurrò Rosa – che ti direi
                addio fino a domani…». Parlava di lui, del suo angelo, come
                se fossero Romeo e Giulietta, nel capolavoro di Shakespeare.
                Era così, quell’ultimo saluto non era mai finito. Era riuscito a


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