Page 189 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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«Papà, è tutto vero, quello che dici. Ma noi ci siamo. Per par-
lare, dico. Possiamo stare al telefono anche tutto il giorno, se
vuoi. E per il resto, se hai bisogno della spesa e delle medi-
cine, e dei giornali, possono portarteli a casa…».
«Non mi serve niente. Voglio solo che tua madre torni a casa.
Non sai cosa vuol dire, non poterle stare accanto. Niente, ci ha
mai divisi. E ora lei è là, e sta male, e io non posso aiu-
tarla…».
Non c’era niente che potesse consolarlo. Era tutto inutile. Lo
salutava con un macigno nel cuore. E ritornava a cercare di
distrarsi, stando dietro ai bambini. Tentava di riposare, ma
non c’era verso. Come abbassava le palpebre, rivedeva il
volto della mamma, che rideva, seduta sul divano, tirando
fuori quelle fotografie, come se fossero figurine.
«In questa foto – diceva – tu stai giocando in giardino, con la
palla. In quest’altra, sei al primo giorno di scuola». E via così,
con tutte quelle foto che continuavano a crescere di numero,
ed invadevano tutta la stanza. Finché, di nuovo, si svegliava.
Pasqua era vicina, ormai, ma non sarebbe stata una festa come
le altre. Non c’era niente da festeggiare. Con i bambini, con-
tinuava a fingere una serenità che non aveva. «Disegniamo le
uova colorate…». «Prepariamo i bigliettini». «Rileggiamo la
filastrocca che vi ha dato la maestra, da imparare».
Non c’era, però, allegria. Nemmeno una briciola. E quando il
padre non rispose, quella mattina, cominciò a chiedersi la
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