Page 222 - Il Decamerone Moderno Vol. II
P. 222
nessuno la ragione di quel ritardo, della sua presenza in quella
stanza, a quell’ora. E nessuno le fece domande. Erano tutti
presi dalla frenesia dei ricoveri, che non smettevano di au-
mentare, come il numero delle persone che non riuscivano a
superare la prova del virus.
L’anziano non aveva avuto figli, non aveva nessuno. Non fu
necessario avvisare i familiari. Lo aveva fatto presenta fin dal
suo arrivo, dando disposizioni per la sua stessa morte. Aveva
scelto di vivere da solo, nel suo bel palazzo, dedicandosi agli
studi e alla beneficenza. Aveva già fatto testamento, a favore
di un’associazione contro la violenza sulle donne. La sua vita
era stata un’espiazione, per una colpa mai commessa. Ma fi-
nalmente aveva raggiunto la pace.
Si liberò dello scafandro, disinfettò ogni cosa, si preparò ad
uscire finalmente all’aperto. C’era un gran silenzio, la città era
in quarantena. Era tardissimo. Si collegò a distanza con la
famiglia, mentre camminava a piedi verso il monolocale in
cui viveva, dall’inizio dell’epidemia. Non se la sentiva di tor-
nare a casa, non ancora. Avrebbe aspettato che calassero i casi
di contagio. Il marito le mostrò i bambini, già addormentati.
Era preoccupato per lei. «Io sto riscoprendo me stesso – le
confidò – e tutto il tempo che ho perduto, trascurandovi tutti.
Ma tu stai facendo troppo. Non va bene. La tua missione sì, la
fatica sì, ma questa notte non riuscirai praticamente a dor-
mire».
Le parve un miracolo, sentire quelle parole.
222