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TU SCENDI DALLE STELLE...


          Quella  sera  ero  piu'  morto  che  vivo.  Quando  ci  fu  dato

          l’ordine di sosta mi buttai per terra, mi levai le scarpe; i piedi
          sanguinavano,  erano  gonfi,  non  li  sentivo  piu'.  Strappai  un
          ciuffo di erba e strofinai, strofinai gambe e piedi per far circo-
          lare  il  sangue  stagnante  e  che  bruciava.Non  mi  rimisi  le
          scarpe, faceva freddo ma mi dava un po’ di sollievo. Mi coprii
          come meglio potevo con una sporca mantellina, e addentando

          una galletta durissima,  avevo buoni denti ... allora, mi acco-
          vacciai tra i compagni di sventura raggomitolato su me stesso,
          e nonostante il freddo mi addormentai.

          Tanti non avevano questa fortuna. Per la fame, la debolezza, il
          freddo e la stanchezza orribile, svenivano e non si svegliavano
          piu'. Morti assiderati. Tanti e tanti! lo riuscivo a dormire ero
          fortumto.  Ma  che  sogni  pesanti,  che  risvegli  dolorosi.  Una
          mattina sognai mia madre, la sognavo spessissimo ma quella

          volta mi pareva di toccarla, di abbracciarla, di baciarla. Aveva
          la faccia tanto triste e piangeva tante lacrime! Le scorrevano
          sulle guance e mi cadevano salla faccia che essa stringeva a
          se’ forte forte. Erano lacrime fredde! Che mamma sia morta?
          mi domandai nel sogno, diedi un grido e mi sveglai. Era notte.
          La neve mi cadeva sulla faccia, ed aveva ricoperto come un
          lenzuolo bianco gli stracci dei poveri vivi  e di quelli che non

          si sarebbero svegliati.

          Freddo, neve, sogni tristi! Dio mio! Avevo bisogno di parlare
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