Page 229 - Lezioni di Mitologia;
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Molto può tormi, e molto avanza, e sono
Maggiori i beni del timor. Fingete
Che pera alcun dei figli miei: saranno
Più che due sempre su: l'allor strappate
si rovesci. —
Al crine, e l'ara Il volgo
Muto obbedì con mormorio sommesso.
Veneran sempre gli oltraggiati numi.
Che sol questo alla plebe il re non vieta.
Ode l'ardire dei superbi detti
Latona, e del dolor le furie a gara
Accrescon rabbia all'animoso petto.
E sì parlava colla doppia prole
Sulla vetta di Cinto. Io che son madre
Di voi superba, e fra le dee minore
Solo di Giuno, non avrò gli altari
Che i secoli onorar, né fia chi adori
Mia dubitata deitade? figli,
Soccorretemi voi; che non è questo
Sol mio dolore: è ancor vergogna. — Aggiunse
Niobe alla colpa vituperii: ardio
Avvilirvi, miei figli, e ai numi eterni
I mortali anteporre : e me chiamava
Priva di prole : dell'altero detto
In lei cada l'ingiuria, in lei che il fasto
Paterno vinse. — Le preghiere univa
Latona ai detti: il vieta Febo, e grida:
Taci: dimora alla vendetta è il pianto.
La sorella l'imita: eguali a notte
Yolano entrambi. La faretra stride
Sopra gli omeri irati, e le Cadmee
Mura minaccia. Innanzi a queste un piano
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