Page 273 - Lezioni di Mitologia;
P. 273
261
Gli animosi frenar, che dalle nari
E dalla bocca spiran fiamma? appena
Tolleran me, quando nel corso avvampo
La ribelle cervice, e l'auree briglie
Rimbalzan sopra gli arruffati crini.
Deh, figlio mio, non far ch'autore il padre
Ti sia d'un dono sì funesto! ancora
In tempo sei, li tuoi voti correggi.
D'esser mio sangue vuoi tu certo pegno?
Tel do temendo: il mio timor fa prova
Ch'io ti son padre: deh! guardami in volto:
Così nel cuore il tuo guardo potesse.
Figlio, sorprender le paterne cure.
Mira del ricco mondo i doni e scegli:
Non soffrirai ripulsa; il carro solo
Non dimandar, ten prego: è pena il dono,
Non gloria. stollo, a che forza mi fai
Coi lusinghieri amplessi? avrai, non temi.
Quello che brami: ch'io giurai di Stige
L'inviolabil acque: ah tu più saggio
Sii nei tuoi voti — Avea Febo compiti
!
I suoi consigli: non gli udì Fetonte,
E la dimanda incalza: il petto insano
L'ardor possiede del paterno carro.
Le concesse dimore invan frappose
II genitore: alfin conduce il figlio
Al cocchio, dono di Vulcano: è l'asse
D'oro, d'oro il timone e delle rote
Il giro estremo: son d'argento i raggi.
Di crisoliti è sparso il giogo: accrebbe
Febo splendor delle disposte gemme