Page 388 - Lezioni di Mitologia;
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suo epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si
scorge. Se la favola di Virgilio, il quale introduce
Venere che reca ad Enea suo figlio l'armi , opera
di Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come
parecchie altre del suo poema avesse preesistito
sAVEneide, sarebbe da credersi che questa favola si
fosse voluta volgere in un complimento a Giulio
Cesare stesso, che discendente da Venere e vinci-
tore, si paragonasse ad un nuovo Enea donato dalla
madre delle armi celesti. Ma troppo è chiara in
questo episodio virgiliano l' imitazione di Omero per
credere anteriore tal favola al latino poeta: sembra
piuttosto che gloriandosi la famiglia Giulia di quel-
l'origine, origine anche in certo modo di tutto il
nome Romano, non abbia voluto rappresentar Ve-
nere come la dea della mollezza, ma in una guisa
che convenisse ad una madre di Roma e di Enea.
Siccome dunque non mancavano già nella Grecia
antichi simulacri di Venere coll'armi, questi furono
scelti per adombrare la Venere, annoverata fra gli
autori del nome Romano. Cesare stesso, che nella
pugna Farsalica avea dato Venere per segnale, non
doveva in altra maniera farla rappresentare che
come una dea vittoriosa. Infatti, Venere armata era
il suo sigillo. A questo allude Properzio in quel
verso: Portò Venere stessa ai suoi l'armi di Ce-
sare — e a questo si riferiscono tutte le romane
immagini di Venere colle armi. Non sono però queste
giammai equivoche coi simulacri di Pallade. Venere
tratta le armi^ ma o per adornarne un trofeo come
vincitrice, o per riporlo in tempo di pace, allorché