Page 606 - Lezioni di Mitologia;
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                   Abbia già tolto al suo cugin la vita.
                   Ma se questa mia destra ardito avesse
                  Di trar di vita alcun, non sarebb'ella
                  Prima del sangue mio bagnata e lorda?
                  Perchè debbon morir questi infelici
                  Giovini, ohimè, sol per avere in dote
                  I regni del lor zio? Or non    si deve
                  Dargli ad altrui? or non gli avranno un giorno
                  Generi strani e peregrini amanti?
                  Ma presuppongo, e lo confermo vero.
                  Che fosser degni di morir: che abbiamo
                  Misere noi commesso? or per qual colpa.
                  Per qual cagion non mi lice esser pia?
                  Che deggio   io far del ferro?  in che conviensì
                  Coll'arme una donzella?    io  piiì conformi
                  Ho le braccia e le man,     la forza e  il core
                  A l'ago, a l'aspo, alla conocchia e    al fuso
                                                    ferri. —
                  Che all'armi crude e bellicosi
                  Questo  io diceva; e mentre in voce umile
                  Mi lamentava,   alle parole meste
                  Seguiva  il pianto, e de' miei lumi l'onde
                  Cadeano sopra le tue belle membra;
                  E tu d'ogni pensier leggiero e scarco
                  Mi cercavi abbracciar, e quinci e quindi
                  Le tue movendo addormentate braccia
                  Più volte fosti per ferirle al ferro.
                  Che tra pietà e timor dubbiosa ancora
                  Aveva in mano. E già temea del giorno
                  Ch'era vicino, e paventava    il crudo
                  Mio genitor. Già le parole e    il pianto
                  Dalle luci t'avean cacciato  il sonno.
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