Page 192 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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        -18-2    LEZIONE DODICESIMA.
        leria più d’ ogni altro luogo dell’ Attira. Appena che ebbero
        puto dello sbarro, gli Ateniesi si mossero in marcia contro il ne-
        mico. Erano in numero di diecimila, somministrati dalle dieci
        tribù e guidàti da dieci generali  fra  i  quali  c’ era Miliziade
                      ,
        figliolo di Cimone, che s’era già reso celebre come principe del
        Chersoneso e come conipiistatore, a benefizio d’Atene, dell’ isola
        di Lenno. Nessun pojtolo della Grecia  s’ era mosso in soccorso
        d’ -Mono, fuorché la città di IMalea che aveva mandato mille uo-
        mini. Quanto a piarla, ci fu speilito a sollecitare aiuto il cor-
        riere Fidippidc, e fu tal?' la sua celerilà, veramente prodigiosa,
        die quel viaggio di 2i0 chilometri e’ lo fece a  piedi  in  48 oro.
        Gli Spartani promossero l'aiuto richiesto; ma una superstizione
        religiosa gli proibiva  di mettersi in marcia prima del plenilunio
        e correva allora, della luna,  il nono giorno.
          Ecco dunque undicimila soldati di fronte a.centodiecimilal
        Ma questi  , barbari compiistatori spinti per forza a combattere
        dall’ambizione d’un despota; quelli, difensori zelanti della pro-
        pria indipendenza. E che non può Famor della gloria, della pa-
        tria, della libertà ?
          1 generali ateniesi non andavan d’ accordo sul tempo d’at-
        taccar  la battaglia: cinque di loro volevano che s’ asftettasse  i
        soccorsi Spartani, e cinque pensavano doversi combattere al più
        presto. Era fra questi Milziade, che si studiò di dimostrare come
        non bisognava lasciar nessun agio ai timidi e ai traditori di met-
        tersi in corrispondenza con Ippia che si trovava tanto vicino alla
        città, e disponeva dell’oro della Persia; come, indugiando, avrebbe
        potuto avv^eniro d’Atene quel che era avvenuto d’Eretria; e come
        le loro truppe, seblxjne molto inferiori per numero ai barbari
        cran iwrò superiori a questi in lutto ciò che costituisce la forza
        reale d’ un’ armata. Questi ragionamenti non rimovevano dalla
        loro opinione  i suoi cinque avversari  : ma  l’ arconte polemarca,
        Callimaco,  il di cui voto era decisivo quando  i voti dei dieci ge-
        nerali erano divisi ugualmente, persuaso da Milziade, lo dette
        favorevole alla battaglia.
          I dieci generali tenevano un giorno per uno  il comando
        .«upremo di tutta  1’ armata:  il che portava incertezza nell’ opera-
        zioni e rendeva meno sicuro un bon risultato. Quindi Aristide,
        che era uno di loro e riconosceva la superiorità militare di Mil-
                              il comando.
        ziade, rinunziò al proprio diritto per cedere a questo
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