Page 195 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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PRIMA GUERRA PERSIANA.  i85
     SUO comando, con una corrispondente quantità di soldati. Non
     diceva cosa intendesse di fare ma gli assicurava che con quella
                  ,
     forza anderebbe dove  l’oro c’ era in grand’ abbondanza e gli
     avrebbe arricchiti. Tali assicurazioni, fatte dalle labbra del vin-
     citore di Maratona, bastarono perchè fosse subito preparata la
     spedizione di cui nessuno conosceva  il vero scopo fuorché Mil-
      ziade. Questo si volse immediatamente contro l’isola di Paro,
     sotto il pretesto d’una vendetta nazionale perchè quell’isola aveva
     somministrato una trireme alla flotta di Dati  : ma nel fatto era
      invece per vendicarsi d’ un’ ingiuria [lersonale, ricevuta in tempi
      precedenti Ja un Pario. Approdato , chiese alla città il pagamento
      d’una grossa multa  ; e dietro  il rifiuto, la cinse d’assedio. L’as-
     sedio fu prolungato inutilmente per ventisei giorni, e Milziade
     stesso  fu gravemente  ferito  in una  coscia. Disperando infine
      d’impadronirsi della città, distrusse le macchine, rimbarcò le
      truppe, e ritornò ad Atene senza aver mantenuta nessuna delle
      tante promesse che aveva fatto al popolo. Ci  s’ immagini lo stu-
      pore e r irritazione degli Ateniesi  all’ inaspettata comparsa di
      lui. Di quell’irritazione, se ne fece interprete Santippe, padre
      del gran Pericle, capo della famiglia degli Almeonidi,  il quale
     .accusò Mijziade come reo d’ avere ingannato  il popolo e come
      meritevole della pena di morte. L’ accusato  , la di cui ferita aveva
     cominciato a  far cancrena,  fu  portato  sul suo  letto dinanzi
      all’assemblea del popolo, giudice e sovrano a un tempo. Parla-
      rono per lui  i suoi amici  : ma paro che difesa non ce ne fosse,
      e che si limitassero a ricordare la gloria e  i benefizi che aveva
      recato alla patria, e coll’ impresa di Maratona e colla conquista
      di Lenno. Ottennero che invece d’ esser condannato alla morte
      com’era stato proposto, fosse condannato a una multa, che fu
      di cinquanta talenti (Ì7ii,000 franchi). Mori poco dopo questa con-
     danna in conseguenza della ferita  ; e la somma fu pagata dal suo
      figliolo Cimone.
        Tutti quelli che non son disposti a vedere sotto una luce
     favorevole gli atti d’ un governo popolare, s’ affrettano qui a gri-
     dare all’ingratitudine o, per lo meno, alla volubilità degli Ate-
     niesi. Nessuna accusa può essere più infondata e più ingiusta di
     questa. Alla colpa di cui Milziade fu convinto,  si soleva inflig-
     gerle la pena di morte  :  si può egli dunque chiamare ingrato  il
     popolo che gliela commutò in una pena minore? E quand’anche
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