Page 387 - Storia dell'antica Grecia Tommaso Sanesi
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             TOATTATO D’ ANTALCIDA.  377
     dormire. C’era nell’ armata unalenrese, chiamato Senofonte, che
     r aveva seguila, non come generale, nè cerne uffiziale, né come
     soldato, ma unicamente j)er acquistarsi l’amicizia e la grazia di
     Ciro. Fu lui che la.salvò. Adunati gli uffiziali, gli persuase a no-
     minare immediatamente dei novi generali, fra  i quali fu eletto
     lui stesso. Adunati poi  tutti  i soldati,  e’ tenne un eloquente di-
     scorso per persuaderli a partire invece che darsi prigionieri, jier
     incoraggipli ad pfl'ronlare tutti  i pericoli che s’incontrasse, per
     indicare  il modo eh’ e’ credeva  il migliore da tenersi nella riti-
     rata. I soldati approvarono.  « Ora dunque » concluse Senofonte
     « partiamo, mettiamo a effetto le nostre risoluzioni. Chi di voi
     » vuol rivedere la sua famiglia, si ricordi di combattere con co-
     » raggio  : è questo  1’ unico mezzo. Chi ama la vita, procuri di
     » vincere  :  il vincitore dà la morte ,  il vinto la riceve. Lo stesso
     »  io dico a chi desidera  le ricchezze: riportando  vittoria,  si
     » salva  la propria roba e ci  s’ impadronisce di quella del ne-
         '
     » mico. »
       Allora  si mossero  in marcia per  effettuare una ritirata
     lunga 2400 chilometri, attraverso a deserti sconosciuti, e fiumi,
     e montagne, in  lotta contìnua colle popolazioni barbare e colla
     fame  : ritirata che, per essere avvenuta dopo le loro lunghe guerre
     civili, attesta la grand’energia d’animo, la molta intelligenza e
     10 spirito d’ avventuro di cui era dotato quel popolo  ; ritirata fa-
     mosa sotto  il nome dei Diecimila, perchè questo ora press’ a poco
     11 numero dei soldati.
       Non ne daremo che dei rapidissimi cenni. Da Sitace, punto
     di partenza, fino ai monti dei Carduchi , dove arrivarono costeg-
     giando  il Tigri, furono sempre inseguiti da Tisaferne che non
     cessava d’ inquietarli un solo momento. Arrivati a quei monti,
     Tisaferne gli abbandonò. Si trovarono allora molestati dai mon-
     tanari che scagliavano su di loro dalle alture e pietre e frecce.
       Entrati poi  nell’ Armenia  , e continuando la marcia attra-
     verso alle sue montagne, furono sorpresi dalla neve. Ne cadde
     tanta, che perirono molte bestie da soma, e circa trenta soldati
     e altri doventarono ciechi , e parecchi ebbero paralizzate le dita
     delle mani e dei piedi. Sarebbero periti  lutti dal freddo se non
     avessero scoperto dei villaggi vicini dove andarono a ripararsi.
       Dopo un riposo d’ otto giorni  , eccoli novamente in cam-
       • Sfnof.  , Anali.  III  , 2.
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