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Victor Hugo soprannominò

            l’imperatore “Napoleone
            IL PICCOLO”,

            paragonandolo allo zio
            BONAPARTE


             La situazione precipitò nel 1870. Napoleone,
            sempre più indebolito fisicamente e psicologica-
            mente, guardava con timore i comportamenti tede-
            schi nella crisi spagnola innescata dalla caduta del-
            la regina Isabella II. Le Cortes offrirono la corona
            al principe tedesco Leopoldo di Hohenzollern-Sig-
            maringen. L’imperatore francese fragile di nervi (e
            di salute) temette il ritorno ai tempi di Carlo V, con
            l’accerchiamento questa volta saldato da una Ger-
            mania sempre più forte sul Reno, e insediata anche
            a sud, dove già nel 1866 si era registrata l’alleanza
            anti-austriaca tra Prussia e Italia. Napoleone stabilì
            quindi un punto di non ritorno: l’accettazione del-
            la corona da parte degli Hohenzollern. Guglielmo
            I non voleva la guerra e indusse il nipote Leopoldo
            a rinunciare. Ma Bismarck non intendeva avallare
            una politica rinunciataria, e non esitò a modifica-
            re il telegramma che il re aveva scritto dalla locali-
            tà termale di Ems, eliminando le frasi più accomo-
            danti. Il testo finale si chiudeva così: “Sua Maestà il
            Re ha ricusato di ricevere ancora l’ambasciatore fran-
            cese e ha fatto dire per mezzo del suo aiutante che non
            aveva nulla da comunicare all’ambasciatore”.
             Uno schiaffo al regime. Il dispaccio così ta-
            roccato, giunto sulla scrivania di Napoleone, ebbe
            l’effetto della dinamite. L’imperatore si infuriò. E,
            proprio come aveva previsto il cancelliere, il 19 lu-  AKG/MONDADORI PORTFOLIO                       MONDADORI PORTFOLIO
            glio la Francia dichiarò guerra alla Confederazio-
            ne. Napoleone passava per l’aggressore, e i tedeschi,
            trovatisi dalla parte delle vittime, si unirono attor-
            no al loro poco amato cancelliere.         assediata, quella guidata da MacMahon e da Napo-  CANCELLIERE
             Dopo aver lanciato un attacco dimostrativo nella   leone (sempre più sofferente) fu accerchiata a Sedan,   DI FERRO
            Saar tedesca, le truppe francesi finirono però strito-  e costretta alla resa il 2 settembre 1870. La cattura di   Otto von Bismarck,
                                                                                                  capo del governo
            late da una macchina militare perfettamente orga-  39 generali, 85mila soldati e dello stesso imperatore,   della Confederazione
            nizzata e rapidamente mobilitata grazie all’efficien-  non pose tuttavia fine alla guerra.   tedesca del Nord che
            te rete ferroviaria. Le armate tedesche guidate da    Parigi sotto assedio. Se la sconfitta suona-  si impose sull’Impero
            Moltke disarticolarono il pessimo schieramento ne-  va la campana a morto per il Secondo Impero, il 4   francese.
            mico: anche se sul piano tattico i francesi si batteva-  settembre fu proclamata a Parigi la III Repubbli-
            no col consueto élan (e con gli ottimi fucili a ripeti-  ca, i cui capi erano decisi a sollevare contro gli in-
            zione Chassepot, che inflissero gravi perdite ai prus-  vasori una guerra di popolo. Tra settembre e ot-
            siani), i generali di Napoleone subirono un’impres-  tobre la marcia dei prussiani proseguì inesorabi-
            sionante sequela di sconfitte, soprattutto a Wörth   le, con la conquista di Toul, Strasburgo e Orléans:
            (6 agosto) e a Gravelotte (18 agosto). Decisive furo-  il 27 ottobre Bazaine si arrese con 180mila uomi-
            no però le grandi manovre di aggiramento strategi-  ni, mentre dal 19 settembre Parigi stessa finì sotto
            co attuate da Moltke nei confronti dei due princi-  uno straziante assedio in cui si dice che i parigini
            pali eserciti francesi, isolati l’uno dall’altro. Mentre   affamati furono costretti a cibarsi con gli animali
            l’armata di Bazaine veniva rigettata verso Metz e qui   custoditi allo zoo.


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