Page 144 - Bollettino I Semestre 2019
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se collaborare o meno esclude che possa ritenersi vanificato, in concreto, il perseguimento della
finalità rieducativa della pena”.
7.2. Un parziale mutamento di rotta. Le dichiarazioni di manifesta infondatezza della questione
di compatibilità con i principi costituzionali della disciplina dell’ergastolo ostativo sono state più
d’una. Anche Sez. 1, n. 15982 del 17/09/2013, dep. 2014, Greco, Rv. 261990, in precedenza,
aveva asserito la manifesta infondatezza, “in riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 117 Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, all'art. 7 del
Patto internazionale sui diritti civili e politici e all'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione Europea, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4-bis, comma 1, e
58-ter della legge 25 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui subordinano la concessione dei
benefici penitenziari (nella specie, permessi premio) ai condannati alla pena dell'ergastolo per
uno dei delitti previsti dall'art. 4-bis, comma 1, cit. alla collaborazione con la giustizia, poiché
tale disposizione consente al detenuto di scegliere se collaborare o meno, nonché di modificare
la propria scelta, in ogni caso fruendo delle garanzie previste dagli art. 210 e 197 bis cod. proc.
pen., e trova, inoltre, un limite quando la collaborazione è impossibile perché inesigibile o
irrilevante”.
L’atteggiamento della giurisprudenza è sia pure parzialmente cambiato con una ultima pronuncia
– Sez. 1, n. 57913 del 20/11/2018, Cannizzaro, Rv. 274659 – che, invece, ha ritenuto di dover
interpellare la Corte costituzionale per una rinnovata verifica della conformità ai principi di cui
agli artt. 3 e 27 Cost. dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 25 luglio 1975, n. 354, “nella parte
in cui esclude che possa essere ammesso alla fruizione di permessi-premio il condannato
all'ergastolo per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis cod. pen.,
ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso indicate, che non abbia collaborato
con la giustizia ai sensi dell'art. 58-ter, legge n. 354 del 1975”
Sia pure nel ristretto e specifico campo dei permessi premio e quindi senza alcun riferimento ai
benefici che si sostanziano nelle misure alternative alla detenzione e che hanno la capacità di
modificare le condizioni di restrizione carceraria, la Corte di cassazione ha dissentito
dall’affermazione che “la cessazione dei legami consortili di un detenuto con il gruppo criminale
di riferimento possa essere dimostrata, durante la fase di esecuzione della pena, solo attraverso
le condotte collaborative di cui all’art. 58-ter ord. pen.”, e ha revocato in dubbio che la
collaborazione si atteggi quale “canone valutabile in termini di presunzione assoluta, a
prescindere dalle emergenze concrete”.
Ha motivato una posizione di tal fatta osservando che “le ragioni che possono indurre un
condannato all’ergastolo ostativo a non effettuare una scelta collaborativa ex art. 58-ter ord.
pen. non risultano univocamente dimostrative dell’attualità della pericolosità sociale e non
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