Page 140 - Bollettino I Semestre 2019
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Mantenendo l'equivalenza tra assenza di collaborazione e presunzione assoluta di pericolosità
sociale, l'attuale regime viola l’art. 3 della Convenzione nel momento in cui mette in relazione la
pericolosità della persona interessata al momento della commissione del reato invece di prendere
in considerazione il percorso di reinserimento e gli eventuali progressi fatti dopo la condanna.
Inoltre, ha osservato la Corte, la presunzione di pericolosità impedisce al giudice competente di
considerare la domanda di libertà condizionale e di valutare se il detenuto si sia evoluto e sia
progredito sulla via dell'emenda e se, pertanto, il mantenimento dello stato detentivo non sia
più giustificato.
4.5. La Corte ha aggiunto che, nonostante i reati per i quali il ricorrente è stato condannato
riguardino un fenomeno particolarmente pericoloso per la società, il giudice nel respingere la
richiesta di liberazione condizionale avrebbe dovuto valutare i progressi del ricorrente e non
limitarsi a rilevare la mancata collaborazione dello stesso con la giustizia, laddove la natura del
reato addebitato resta del tutto irrilevante, in quanto non può giustificare una deroga alle
disposizioni dell'articolo 3 della Convenzione che vietano in termini assoluti le pene inumani o
degradanti.
Infine, ha ricordato come la dignità umana, che si trova al centro del sistema messo in atto dalla
Convenzione, impedisca la privazione della libertà di una persona senza operare, allo stesso
tempo, il suo reinserimento e senza fornirgli la possibilità di recuperare un giorno questa libertà.
LA DECISIONE
5. Ebbene, alla luce di tali principi la Corte ha considerato come l’ergastolo ostativo imposto al
ricorrente, ai sensi dell’art. 4 bis, abbia limitato indebitamente la sua prospettiva di rilascio,
nonché la possibilità per il predetto di ottenere un riesame della sua condanna.
Atteso che l'inconfutabile presunzione di pericolosità prevista nel caso dell'ergastolo per i reati
di cui all'articolo 4 bis della legge sull'amministrazione penitenziaria (c.d. ostativo), derivante
dalla mancata collaborazione con la giustizia, può privare i condannati per tali reati di ogni
prospettiva di liberazione e della possibilità di ottenere un riesame della pena, secondo la Corte,
lo Stato italiano dovrebbe introdurre una riforma del regime dell'ergastolo, per garantire
effettivamente la possibilità di una revisione che possa consentire alle autorità di determinare
se, durante l'esecuzione della condanna, il detenuto abbia compiuto progressi e di verificare il
permanere o meno di motivi penali legittimi per continuare la detenzione.
5.1. In conclusione, per i giudici di Strasburgo non sono stati rispettati i principi di cui all'articolo
3 e, conseguentemente, la condanna all’ergastolo disposta non può essere qualificata come
riducibile ai fini della citata disposizione, precisando, tuttavia, che la constatazione di tale
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