Page 142 - Bollettino I Semestre 2019
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6.2. In merito al parere espresso dalla maggioranza, secondo cui la mancanza di cooperazione
            non  può  sempre  essere  legata  a  una  scelta  libera  e  volontaria,  né  può  essere  giustificata
            unicamente dalla persistenza dell'adesione a "valori criminali" e dal mantenimento di legami con

            il  gruppo  di  appartenenza,  il  giudice  ha  rilevato  l’erroneità  dell’astratta  valutazione  della
            legislazione nazionale operata, laddove non si dovrebbe verificare se la scelta sia sempre libera
            e volontaria ma, piuttosto, se la scelta effettiva del detenuto in questione sia concretamente
            libera e volontaria.


            6.3. Inoltre, nella causa Hutchinson c. Regno Unito [(GC), n. 57592/08, § 42, 17 gennaio 2017]
            la  Corte  ha  sostenuto  che  per  essere  compatibile  con  l'articolo  3,  l’ergastolo  deve  essere

            riducibile de jure et de facto, ossia deve offrire una prospettiva di liberazione e una possibilità di
            revisione basata su una valutazione dell'esistenza di motivi penali legittimi per il trattenimento
            del detenuto, tra cui gli imperativi di punizione, deterrenza, protezione pubblica e riabilitazione.

            Questo  approccio  conferma  che  la  pena  è  uno  strumento  legale  multidimensionale  e  che  la
            risocializzazione del criminale è sicuramente un obiettivo fondamentale della condanna, ma non
            l'unico, come invero risulterebbe dall’opinione della maggioranza, atteso che la pena ha anche
            una funzione retributiva: dà un senso di giustizia non solo alla società ma anche e soprattutto
            alla vittima. Essa ha anche una funzione deterrente nei confronti di altri potenziali criminali,

            come,  del  resto,  asserito  dalla  stessa  Corte  EDU  che,  in  numerose  sentenze,  ha  ribadito  la
            necessità che la sanzione irrogata sia adeguata a perseguire l’esigenza di dissuadere l’imputato
            dal commettere nuovamente il reato (cfr. Sidiropoulos e Papakostas c. Grecia, n. 33349/10, 25

            gennaio 2018; Zeynep Özcan c. Turchia, n. 45906/99, 20 febbraio 2007). Spetta, pertanto, al
            legislatore nazionale attuare la politica penale, stabilendo le sanzioni ritenute appropriate per i
            vari reati e definendo gli obiettivi concreti della sanzione e la loro priorità.


            6.4. Il giudice ha poi osservato come le conclusioni della maggioranza si fondino sull’idea della
            sussistenza nel sistema italiano di una presunzione assoluta di pericolosità sociale del detenuto
            che rifiuta di cooperare con le autorità, dimenticando però che non si tratta nella specie di un

            ragionamento  presuntivo,  ma  semplicemente  di  una  regola  di  diritto  che  fa  derivare  alcune
            conseguenze da alcune circostanze fattuali. Nel caso de quo, la pena inflitta al ricorrente non
            deriva  da  una  presunzione  di  pericolosità  sociale  dello  stesso,  bensì  dall’esigenza  di  dare  un

            senso di giustizia alle famiglie delle vittime e alla società italiana in generale e di dissuadere altri
            potenziali  criminali  dal  commettere  reati  simili  e,  dunque,  dall’effettiva  sussistenza  di  motivi
            giustificanti il mantenimento dello stato di detenzione (legitimate penological grounds).


            6.5. Infine, il principio affermato dalla Corte nella causa Hutchinson c. Regno Unito (n. 57592/08,
            17 gennaio 2017) secondo cui un detenuto condannato all'ergastolo ha il diritto di sapere, fin
            dall'inizio della sua condanna, che cosa deve fare affinché il suo rilascio possa essere considerato
            e quali siano le condizioni applicabili, è, a parere del giudice, del tutto rispettato dalla legge



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