Page 141 - Bollettino I Semestre 2019
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violazione non può essere intesa nel senso di dare al richiedente una prospettiva imminente di
            rilascio.


            Gli Stati contraenti dispongono, invero, di un ampio margine di discrezionalità nel decidere la
            durata adeguata delle pene detentive per reati specifici e il semplice fatto che una pena detentiva
            a vita possa essere scontata nella sua integralità non la rende incomprimibile. Di conseguenza,

            la  possibilità  di  riconsiderare  l'ergastolo  implica  certamente  la  possibilità  per  la  persona
            condannata di chiedere la liberazione, ma non necessariamente di ottenerla se questa costituisce
            ancora un pericolo per la società.


            L’OPINIONE DISSENZIENTE DEL GIUDICE WOJTYCZEK

            6. Le considerazioni espresse dalla maggioranza non sono state condivise dal giudice Wojtyczek,
            ad avviso del quale non sarebbe ravvisabile, nel caso di specie, alcuna violazione dell’articolo 3

            della Convenzione.

             6.1. Nella partly dissenting opinion si è richiamato, in particolare, l’articolo 2 della Convenzione

            che  impone  alle  parti  contraenti  l’obbligo  di  adottare  misure  adeguate  a  proteggere  la  vita
            umana.  In  proposito,  il  giudice,  nel  richiamare  la  giurisprudenza  della  Corte  (caso  Kayak  c.
            Turchia, n. 60444/08, 10 luglio 2012), ha ricordato il dovere dello Stato di garantire il diritto alla
            vita e, dunque, di adottare le misure necessarie atte a proteggere la vita delle persone sotto la

            sua  giurisdizione.  Ebbene,  tale  obbligo  di  protezione  emerge  con  peculiare  rilievo  nella  lotta
            contro la criminalità organizzata, atteso che lo Stato, tenendo conto della situazione specifica
            presente  nel  proprio  paese,  deve  adottare  misure  efficaci  per  smantellare  le  organizzazioni
            criminali che minacciano la vita delle persone. Per raggiungere tale obiettivo, il giudice ritiene

            essenziale distruggere la solidarietà tra i membri dell’organizzazione e infrangere la legge del
            silenzio ad essa collegata.


            Nel caso di specie, il ricorrente era il capo di un’organizzazione criminale e, in quanto tale, ben
            potrebbe continuare a rappresentare una minaccia per la vita e la sicurezza delle persone in
            Italia,  minaccia  che,  tuttavia,  egli  stesso  potrebbe  contribuire  a  ridurre  significativamente
            fornendo ragionevolmente le informazioni di cui dispone alle autorità.


            Il giudice Wojtyczek ha sostenuto come la legislazione italiana non renda irriducibile la pena per
            le  persone  condannate  all’ergastolo  per  reati  particolarmente  pericolosi,  poiché  prevede  la
            possibilità  della  libertà  condizionale  subordinata  -  nel  solo  caso  di  coloro  che  sono  stati

            considerati parte del vertice dell’organizzazione criminale - alla collaborazione con la giustizia.

            D’altronde, la minaccia che la criminalità organizzata rappresenta per coloro che infrangono la
            legge  del  silenzio  non  sembra  costituire  un  ostacolo  insormontabile  all'attuazione  delle  varie

            misure volte a garantire la cooperazione dei criminali con le autorità giudiziarie.


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