Page 34 - Bollettino I Semestre 2019
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4. Quanto al merito della questione, con riferimento alla violazione dell'articolo 8 concernente i
ricorrenti residenti nelle aree colpite, la Corte ha osservato che, a partire dagli anni '70, gli studi
scientifici avevano dimostrato gli effetti inquinanti delle emissioni dallo stabilimento Ilva di
Taranto sull'ambiente e sulla salute pubblica. Infatti, i risultati di tali rapporti, molti dei quali
emessi da organismi statali e regionali, erano incontestati dalle parti. Tra gli altri dati, il rapporto
SENTIERI 2012 (Studio Epidemiologico Nazionale del Territorio e degli Insediamenti Esposti a
Rischio Inquinamento) ha confermato l'esistenza di un legame causale tra l'esposizione
ambientale alle sostanze cancerogene inalabili prodotte dalla società Ilva e lo sviluppo di tumori
polmonari, pleurici e di patologie cardiovascolari nelle persone residenti nelle aree colpite.
Inoltre, uno studio del 2016 aveva dimostrato l’esistenza di un legame causale tra l’esposizione
a PM10 (ossia le “polveri sottili”) e al SO2 (Diossido di zolfo) da fonti industriali, derivanti
dall’attività produttiva dell’Ilva, e l’aumento della mortalità per cause naturali, tumori e malattie
ai reni e cardiovascolari nella popolazione di Taranto.
5. La Corte ha rilevato che, nonostante i tentativi delle autorità nazionali di ottenere la
decontaminazione dell’area in questione, i progetti realizzati non avevano finora prodotto i
risultati desiderati. Le misure raccomandate dal 2012 in poi nel contesto dell’"AIA" (la c.d.
autorizzazione integrata ambientale), al fine di ridurre l'impatto ambientale della fabbrica non
erano state mai realmente introdotte, tant’è che la mancata attuazione di tali misure era stata
all’origine di una procedura di infrazione dinanzi alle autorità dell'Unione europea. Inoltre, il
termine per l'attuazione del piano ambientale approvato nel 2014 è stato rinviato ad agosto
2023. La procedura messa in atto per raggiungere gli obiettivi identificati per bonificare l’area
era quindi estremamente lenta. Nel frattempo, il Governo era intervenuto in numerose occasioni
attraverso misure urgenti (i cosiddetti decreti "Salva-Ilva") per garantire che le acciaierie
continuassero la produzione, nonostante la constatazione da parte delle autorità giudiziarie
competenti, sulla base di relazioni di esperti chimici ed epidemiologici, che esistevano gravi rischi
per la salute e per l'ambiente. Inoltre, era stata concessa un'immunità amministrativa e penale
alle persone responsabili di garantire il rispetto dei requisiti ambientali, in particolare
all’amministratore giudiziario ed al futuro acquirente dell'azienda. Questa situazione è stata
aggravata dall'incertezza derivante, da un lato, dallo stato di dissesto finanziario della società e,
dall’altro, dall'opzione concessa al futuro acquirente di posticipare le operazioni di bonifica
all'interno della fabbrica. La realtà, dunque, è che la gestione da parte delle autorità nazionali
delle questioni ambientali riguardanti l'attività produttiva nelle aree limitrofe allo stabilimento
Ilva di Taranto era, al momento, in una situazione di stallo.
6. Per questi motivi, la Corte ha ritenuto che la persistenza di una situazione d'inquinamento
ambientale aveva messo in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella dell'intera
popolazione residente nelle aree a rischio, rimaste, così come stanno le cose, senza informazioni
su come procedere nelle operazioni di bonifica del territorio in questione, in particolare per
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