Page 29 - Bollettino I Semestre 2019
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giudica  incompatibile  con  il  principio  del  giusto  processo    di  cui  all’articolo    6  §  1  CEDU
            l’ impedimento all’accesso alla tutela giurisdizionale che derivi dal mancato adempimento ad un
            incombente – la redazione dell’ inventario dei beni ereditari – previsto dal diritto nazionale non

            nell’ambito  della  disciplina  del  processo    ma  in  quello  della  regolazione  di  alcuni  aspetti
            procedimentali della tutela dei rapporti sostanziali. La Corte EDU adotta dunque un approccio
            pragmatico, valorizzando il dato dell’introduzione di un ostacolo di fatto alla tutela di un diritto,
            imprevedibile dalla parte al momento dell’esercizio dell’azione, a prescindere dalla circostanza

            che  il  suddetto  ostacolo  attenga  al  diritto  processuale  o  rappresenti  un  onere,  sia  pure  di
            carattere procedimentale, previsto dal diritto sostanziale.


            Va comunque sottolineata la portata procedimentale dell’onere dell’inventario, che differenzia  la
            vicenda in esame  da altre – concernenti mutamenti giurisprudenziali relativi all’interpretazione
            o alla caducazione di norme  immediatamente attributive di diritti – nelle quali la Corte EDU ha

            ripetutamente affermato che le esigenze di certezza del diritto e di tutela della fiducia dei cittadini
            non  conferiscono  un  diritto  acquisito  alla  coerenza  giurisprudenziale  (Unédic  c.  Francia,  n.
            20153/04, § 74, 18 dicembre 2008) e che l’evoluzione della giurisprudenza non è, di per sé,
            contraria  alla  corretta  amministrazione  della  giustizia,  poiché  il  venire  meno  di  un  approccio
            dinamico ed evolutivo rischierebbe di ostacolare le riforme o il miglioramento (Atanasovski c.

            “Ex Repubblica jugoslava di  Macedonia”, n. 36815/03, § 38, 14 gennaio 2010); in termini, Sepe
            e Di Leta c. Italia, n.36167/07, § 18,  16 settembre 2014.


            Nella giurisprudenza della Corte di cassazione italiana in tema di  overruling è ben fermo – a
            partire dalla sentenza capofila Cass. S.S.U.U. 15144/11, fino alla recentissima Cass. VI 29506/18
            – il principio che l’overruling opera solo in ambito strettamente processuale (per una analitica

            disamina della questione, si veda Cass. VI 174/15); tanto che (anche) per tale ragione - con
            riferimento alla decadenza dal diritto di ripetere somme versate all’Erario in osservanza di norme
            impositive successivamente dichiarate costituzionalmente illegittime o  contrastanti con il diritto
            dell’Unione - è stata costantemente esclusa  (ad eccezione dell’isolato precedente costituito da

            Cass. V 22282/11) la possibilità di ancorare la  decorrenza del relativo termine,  invece che alla
            data del versamento, alla data della sentenza della Corte costituzionale o della Corte di giustizia
            dell’Unione europea che abbia dichiarato l’illegittimità della norma impositiva (Cass. V 13087/12,

            Cass. S.S.U.U. 13676/14, Cass. VI 15530/16).



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