Page 80 - Bollettino I Semestre 2019
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comprovate;  dall’altro,  ha  parzialmente  accolto  quella  con  la  quale  era  stato  denunciato
            l’irreversibile peggioramento delle sue condizioni di salute (la questione specifica era stata già
            demandata il 12 novembre 2002 dal detenuto alla Corte EDU, la quale con sentenza n. 43374/02

            del 21 ottobre 2010 aveva riscontrato la violazione degli artt. 3, 5, 6 e 13 della Convenzione per
            non  avere  lo  Stato  assicurato  la  salute  del  predetto  omettendo  di  ottemperare  agli  obblighi
            connessi a tale esigenza).


            2.2.  L’art.  3  della  Convenzione,  ribadisce  la  Corte  richiamando  i  principi  giurisprudenziali  in
            materia, impone allo Stato di proteggere il benessere fisico delle persone private della libertà,
            fornendo loro un’assistenza medica adeguata alle necessità che si presentano. Nel caso de quo

            lo stato di salute del ricorrente era stato regolarmente esaminato da vari medici e sottoposto ad
            esami  di  screening  e  di  laboratorio. Tuttavia,  non  erano  state  predisposte  le  particolari  cure
            mediche ritenute, nella specie, doverose, né le autorità erano state in grado di assicurare una

            fornitura regolare ed ininterrotta di farmaci antitubercolari essenziali per un efficace trattamento
            della malattia. A fronte della riproposta doglianza, la Corte si è nuovamente pronunciata sul
            punto, ravvisando una violazione dell’art. 3 della Convenzione limitatamente al periodo detentivo
            dal 3 luglio 2010 in avanti (riconoscendo ai sensi dell’art. 41 della Convenzione i relativi danni,

            patrimoniale e non, per il difetto di cure appropriate).

            3. Anche sull’ulteriore doglianza, relativa alla violazione dell’art. 3 della Convenzione per essere
            l’ergastolo, de jure e de facto, irriducibile non risultando in alcun modo garantita nei suoi riguardi

            alcuna possibilità di revisione o prospettiva di rilascio, la Corte ha fornito risposta positiva.

            3.1. Il caso ha costituito l’occasione per richiamare i principi già affermati a partire dal noto caso
            Vinter  and  Others  v.  the  United  Kingdom  [GC,  no.  66069/09+130/10+3896/10,  ECHR,  July

            2013]  e  a  seguire  anche  in  Murray  v.  the  Netherlands  [GC,  no.  10511/10,  April  2016]  e
            Hutchinson v. the United Kingdom [GC, no. 57592/08, 17 January 2017].

            La Corte ha rammentato, infatti, che la Convenzione non proibisce l’imposizione dell’ergastolo

            (life  sentence)  ai  condannati  per  crimini  particolarmente  gravi,  ma  perché  tale  pena  sia
            compatibile con l’art. 3 della Convenzione, essa deve essere <<reducible de iure and de facto>>,
            nel senso che deve esistere sia una prospettiva di liberazione (a prospect of release), ma anche

            la possibilità di un riesame (possibility of review) che permetta alle autorità nazionali di verificare
            se, durante l’esecuzione della pena, il detenuto abbia fatto dei progressi sulla via del riscatto,
            tali che nessun motivo legittimo relativo alla pena (legitimate penological grounds) permetta più
            di giustificare il suo mantenimento in detenzione.


            3.2.  La  Corte  ha  evidenziato  l’importanza  dell’aspetto  rieducativo  della  pena  e  della
            reintegrazione  del  condannato,  fattore  che  gli Stati  membri  devono  tenere  in  considerazione





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