Page 66 - LA SICILIA - Cesare Ferrara
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"fierru" al plurale "ferra"; i gruppi consonantici "nd" e "mb" si
assimilano in "nn" e "mm", "quannu" per "quando", ma questa
innovazione non raggiunge Messina né Catania; e per ultimo,
la "d" intervocalica diviene "r", come in "cririri", per
"credere", o in "deci" per "dieci", questo elemento si è affer-
mato soprattutto in provincia di Catania
Anche la dominazione normanna ha lasciato il suo segno,
contaminando il siciliano con alcuni elementi gallo-italici. Le
tracce di quest'influenza si trovano nelle parole "badagghiari",
sbadigliare; "vozzu" per "gozzo"; "dumani" per domani;
comuni al siciliano e al toscano e completamente diverse dai
corrispettivi calabresi.
Ma le complesse vicende storiche della regione hanno lasciato
tracce anche nel lessico siciliano, in cui è possibile trovare
anche parole spagnole, come "criata" per serva; parole orien-
tali, come "sceccu" per asino; francesismi, come "custurieri"
per sarto, "racina" per una (fr. raisin).
Il siciliano si distingue quindi per molto vocaboli dalle altre
lingue meridionali, ricodiamo, oltre agli esempi già citati,
anche "animulu" per arcolaio; "tastari" per assaggiare;
"scannari" per ammazzare; "sciaurari" per odorare. E ancora
"picca" per poco; "cozzu" per poggio; "agnuni" per cantuccio;
"crastu" per montone, etc.
Tra i vocaboli condivisi con la Calabria, troviamo invece
"scurzuni" per serpe; "cattibo e cattiva" per vedovo e vedova;
"lemmo" per catino.
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