Page 233 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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Le cose perdevano significato. E neanche lo scorrere inevita-
bile della vita, poteva cancellare il dolore.
Lavinia aveva conosciuto una bellissima madre, che per
vent’anni si era rifiutata di riaprire la sua stanza chiusa. Era la
stanza, vera, del figlio, mancato a diciott’anni.
Era successo una sera, di tanti anni prima.
Erano in tre, erano andati a teatro.
L’auto, guidata da un amico, aveva sbandato, era finita contro
un muretto di cemento armato. Era sopravvissuto soltanto uno
dei tre. Il destino aveva colto due vite, se le era prese con sé.
E il giorno del commiato, i compagni di scuola e gli amici,
stravolti dalle lacrime, avevano intonato le note di un can-
tautore che amavano tanto.
Nei vent’anni successivi, quella madre aveva conservato
quella stanza, intatta, esattamente come l’aveva lasciata il fig-
lio. I suoi libri, i suoi vestiti, i suoi oggetto. Nessun altro po-
teva entrare. Nessuno. Era stato così fino al giorno in cui la
donna aveva scelto di riaprire la sua stanza chiusa. Quella che
aveva nel cuore. E l’aveva fatto in uno slancio d’amore, nei
confronti di un altro bambino. Non suo, no, ma di una giovane
coppia in difficoltà, in quel momento senza neanche una casa.
Aprendo la sua stanza immateriale, che le pesava dentro come
il cemento, aveva lasciato finalmente uscire il dolore. E accet-
tando di riaprire la stanza vera, aveva consentito all’amore di
rientrare nella sua vita.
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