Page 228 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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finivano lì. Dopo di che, si chiudeva e si gettava la chiave.
Potevano passare dieci o cento anni, ma quella «stanza
chiusa» non consentiva più di essere sereni.
Era una ferita irrisolta, che non poteva rimarginarsi. E solo in
pochi, pochissimi, riuscivano prima o poi a ritrovare la chiave
e soprattutto il coraggio di riaprire quella stanza.
Lavinia si fermava ad osservare i passanti, sempre, prima
della quarantena, quando la gente usciva ancora di casa.
Senza farsene accorgere, indugiava sulla piega amara della
bocca, sul broncio, sulla durezza degli sguardi. E cercava di
immaginare quei da bambini, quando ancora gli "umani” er-
ano liberi e buoni, proprio come i cani.
Era diventata bravissima. Le bastavano pochi secondi, e
subito davanti ai suoi occhi si materializzavano i volti dell’in-
fanzia. A quel punto, le personetoglievano per un istante la
maschera della propria tristezza, della fatica, e la sostituivano
con l’immagine delle bellissime creature che erano state. E il
mondo ritrovava la pace.
Era solo un’illusione, però, perché al primo battito di ciglia
Lavinia si accorgeva che i volti dei bambini erano spariti, che
avevano lasciato spazio a quelli irrigiditi e cattivi degli adulti,
incredibilmente diversi rispetto a quelli che erano stati.
E il mondo precipitava di nuovo nel caos.
«Chissà perché – si chiedeva Lavinia – gli esseri umani non
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