Page 230 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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non si apriva, anche se i gommini strusciavano con fatica,
tanto che le pareva di sentire odore di bruciato.
La terra era diversa. Era accogliente. le zolle si lasciavano
modellare, lasciavano uscire un intenso profumo, che richia-
mava alle radici. Chopin sembrava danzare, sulle note di quel
valzer del piccolo cane, scritto dal suo omonimo. Era armo-
nioso, elegante, pur essendo figlio di padre e madre ignoti.
Nessuna razza prevalente, avevano sentenziato i veterinari.
Perché Chopin non assomigliava a nessun altro. Era lui e
basta. E Lavinia lo adorava, proprio per questa ragione.
Era lui, Chopin, la chiave della sua stanza chiusa.
Solo la sua dolcezza le aveva permesso di affrontare il ricordo
della sua infanzia, tormentata. Niente di drammatico, no. Solo
tante delusioni. E frustrazioni. La sua incapacità di confron-
tarsi, i suoi silenzi, l’avevano spinta ad isolarsi. E la barriera
trasparente che aveva costruito attorno, era ancora più spessa
e alta delle lastre in plexiglass che qualcuno suggeriva di met-
tere sulle spiagge, per evitare contatti fra i bagnanti, nel caso
di riapertura delle uscite
Gli occhi profondi di Chopin, il suo sguardo aperto, l’avevano
convinta a superare le paure, che avevano segnato gran parte
della sua vita. Lui l’aveva trascinata, entrando con lei in
quella stanza chiusa. E – un poco alla volta – Lavinia aveva
ripreso fiducia in se stessa, ricominciando ad uscire, a
guardare negli occhi le altre persone.
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