Page 229 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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sono in grado di affrontare le proprie paure, i propri sbagli. Se
lo facessero, forse, vivremmo tutti meglio. Ammettere la pro-
pria umanità, accettare le debolezze, aprirsi al resto del
mondo, potrebbe consentirci di ritornare a fidarci».
Macché. Nemmeno l’epidemia era riuscita a scuotere un’u-
manità incapace di sognare, di sorridere, di esistere. Erano
rimasti tutti chiusi in casa, per giorni e giorni, ma non era vero
che fossero maturati, che avessero capito.
Facevano la spia, si urlavano dalle finestre, si rubavano le
mascherine dalle cassette della posta, sparpagliavano i guanti
usati sotto le proprie case. Non c'era serenità.
Non appena si fossero riaperte le porte, sarebbe stato tutto
come prima. Forse peggio, nonostante quella marea di dolci
cucinati a mano, nonostante tutti quei cori dai balconi,
nonostante le bandiere ed i disegni dell’arcobaleno.
Lavinia osservò gli striscioni, fatti con pezzi di vecchie
lenzuola.
Le scritte, “andrà tutto bene”, erano sbiadite.
Non ci credevano più nemmeno loro.
Gli "umani” avevano perso il contatto con la natura.
Chopin, al contrario, aveva l’assoluta necessità di mettere le
zampe sulla terra, ogni sera. Come arrivavano al prato, lui
scavava. Lo faceva anche a casa, sul pavimento di piastrelle.
Solo che il pavimento rimaneva lo stesso, non si consumava,
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