Page 240 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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per proteggersi dal contagio.
Spesso si portava dietro un quadernino, dove aveva annotato
le frasi che gli piacevano di più. E per Clelia aveva scelto una
citazione di Cesare Pavese, una frase che aveva scritto l’anno
dopo la fine della guerra. Aspettare è ancora un’occupazione.
È non aspettare niente, che è terribile.
Clelia batteva le mani e rideva.E ogni giorno se la faceva
ripetere, tanto che avevano finito per impararla un po’ tutti,
quella massima di Pavese.
«Tu aspetti mamma e papà – le dicevano le infermiere – ma
tutti noi aspettiamo qualcosa, che magari non arriverà mai. È
vero, è una cosa triste. Però sarebbe ancora peggio, vivere
senza alcuna aspettativa. Meglio inseguire un pensiero, un
sogno, che stare lì seduti a fare il conto alla rovescia, in attesa
della fine. Significa anche essere vivi…».
Erano passati parecchi giorni, ormai, dall’inizio dell’emer-
genza. Erano passati anche i giorni di passione e di entusi-
asmo, quando la gente si ripeteva che sarebbe andato tutto
bene. Non era così. I medici erano sempre più stanchi, le
famiglie contavano la lista delle perdite. Clelia aveva visto
passare tante persone, che non erano tornate più. Guardava
quei letti improvvisamente vuoti, ma non faceva in tempo a
pensare che cosa fosse successo, che già spuntavano altri
pazienti, altri ricoverati. E nonostante si mettesse d’impegno,
finiva per non ricordare più i volti che aveva osservato nei
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