Page 244 - Il Decamerone Moderno Vol. II
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veramente, per quanto fosse una cosa assai strana. Era magris-
sima. Era capace di muoversi come un gatto, come se fosse
stata priva di ossa. Aveva una pelle liscia e perfetta. Perfino
la sua voce, stranamente, era quella di una ragazzina. Ed i
suoi gesti erano ritornati quelli dell’infanzia.
Di fronte alla sua mente confusa, di fronte alla malattia che le
aveva consumato i ricordi, trasformandola in una bambola
senza identità, anche il virus si era inchinato.
Uscì dall’ospedale, cercando attorno mamma e papà, e con-
tinuò a chiedere se fossero già arrivati, mentre i volontari
dell'assistenza le spiegavano che l'avrebbero accompagnata
alla nuova residenza protetta, dove avrebbe potuto continuare
a vivere, senza essere mai lasciata da sola.
Il dottorino e le infermiere l’avevano accompagnata fino
all’uscita, mentre lei piroettava con un’agilità surreale, per le
scale, ridendo come una bimba in gita.
Si girò ancora una volta, verso quelle persone che l’avevano
assistita per tutti quei giorni, con pazienza, nonostante il
carico gravoso di lavoro. Si era affezionata, ma la sua mente
non le consentiva di conservare alcun ricordo, purtroppo.
«È arrivato papà? – chiese – e la mamma è arrivata?».
Con dolcezza, tutti le fecero cenno di no.
«Non ancora, Clelia, ma arriveranno. Tu aspetta».
Clelia avrebbe aspettato.
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