Page 182 - Lezioni di Mitologia;
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ITO
                fanciullo, cui minacciò, se non manifestava la preda
                il tartaro  caliginoso e le  invincibili tenebre  della
                morte. L'infanzia fu la scusa e la risposta di Mer-
                curio, che dopo molte frodi e parole andò col Saet-
                tante sull'Olimpo al tribunale di Giove, che rise ve-
                dendo l'accorto fanciulletto  , che colla fascia nella
                destra negava accortamente l'imputato     delitto. Im-
                pose ad amendue di essere amici, e fe'comandamento
                a Mercurio di mostrare dove avesse nascoso     i rapiti
                giovenchi ad Apollo   , che rimase maravigliato del
                sottile inganno, e più dell'accennato istrumento, che
                celermente percosso dal figlio di Maia suonò inco-
                gnita armonia, che l'amabil voce seguiva. A quel
                concento  gli Dei immortali e la terra tenebrosa pa-
                rean di nuovo confondersi, e risentire l'antico amore.
                   Questo canto fu pegno   di pace fra  gli Dei:  il re
                delle Muse imparò l'arte di percorrere le corde della
                sacra cetra allegratrice delle Muse, gioia delle ama-
                bili danze, decoro dei gloriosi giuochi. In ricompensa
                concesse a Mercurio la cura della 2:reo'2'ia, ed aurea
                verga di tre foglie, potente ad eseguire tutti  i con-
                sigli di Giove. Questi sono   i principii dell'infanzia
                del nipote di Atlante narrati per Omero. Luciano,
                che sovranamente era fornito del talento di spargere
                il ridicolo su tutto, amplificò  il racconto di Omero
                dicendo che  , mentre Vulcano    educavalo  ,  gli rapì
                l'incudine e il martello; a Venere, che l'abbracciava,
                involò  il cinto;  lo  scettro a Giove,  e ne avrebbe
                rubato anche   il fulmine  , se non avesse temuto la
                fiamma. Poco altro la favola aggiunge. Dicesi che
                a Batto, in pena della perfidia, cangiò in pietra di
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