Page 296 - Lezioni di Mitologia;
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                sulla vetta del monte Parrasìo delle cerve saltanti,
                alta e mirabile  cosa, che pasceano sempre      sulla
                riva  dell'Anauro  da' neri  sassi,  e  piiì grandi  dei
                tori, alle quali oro splendea dalle corna. Stupefatta
                così  disse  al suo  core: — Questa prima      caccia
                sarà degna di me. — Di cinque, quattro ne prese
                senza  il corso dei cani, ma da per   se  stessa,  ac-
                ciocché le  portassero  il cocchio  veloce. Una  fiig-
                oita sul fiume Celadone ricevè     il masso   Cerineo
               per voler di Giunone, acciocché fosse d'Ercole l'ul-
               tima impresa.
                  » Tu,     virginea Diana, ucciditrice  di Tizio, cui
               un avoltoio divora   il core rinascente, avendo d'oro
               Tarmi e   il cinto, poni aurei freni, ed aureo cocchio
               attacchi alle cerve. Dove queste    ti condussero per
               la prima volta? Sul monte Emo       di Tracia, ove   il
               turbine di Borea   i mortali con grave gelo flagella.
                Qui da un pino tagliasti la fiaccola che accendesti
               sul  Miso Olimpo     con  quella luce   inestinguibile,
                che dai fulmini del tuo padre deriva. Quante volte,
                  diva, provasti l'arco d'argento! La prima in un
                olmo, la seconda in una quercia, la terza     in una
               belva, la quarta   scoccasti  le  infallibili  saette  so-
               pra una città di scelerati, che contro    i suoi,  con-
               tro  gli stranieri, molte colpe avea commesse. Ahi
               miseri coloro nei quali scagli   il tuo  terribile  sde-
                gno! divora la peste   i loro bestiami,  la grandine
                le loro terre,  i vecchi con  recisi  capelli piangono
                sopra  i figliuoli, muoion le gravide donne  , o par-
                toriscono nell'esilio  figli che non  si reggono sopra
                  piedi. A          che  tu  placida  e  dolce-ridente
                i            quelli
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