Page 360 - Lezioni di Mitologia;
P. 360
348
Queste mura vedrà chi mira ignuda
Minerva di città custode. Ah vieni,
veneranda diva: intese cose
Ridico intanto alle fanciulle. In Tebe
Una Ninfa già fu cara fra tutte
A Palla, e non potean divise un solo
Momento starsi. E quando a Tespia antica»
ad Aliarto, o a Coronea volgeva
Le frementi cavalle, e che scorrea
L'are e la selva del Coraìio fìume,
E l'opre dei Beoti, un carro solo
Teneale entrambe, e delle ninfe a lei
Care non eran le scherzose fole
E le alternate danze ove non fosse
Cariclo seco. Ah molto pianto aspetta
Di Palla la fedel compagna! Un giorno
Avean deposto il peplo, e dentro il fonte
Eliconio tergean le membra ignude:
Cheta tranquillità teneva il monte,
E nel mezzo del cielo il sol regnava.
Nel sacro loco erra Tiresia solo,
Cui la lanugin prima il volto incerto
Adombra. Lo condusse al sacro fonte
Coi cani sete che ogni dire avanza,
E quivi ciò che ad un mortai non lice,
Misero! ei vide: a lui, benché sdegnata,
Disse Minerva: Qual destin ti trasse.
Figlio d'Everio, alla funesta via
Onde tu cieco tornerai? — Parlava,
Quando percosse un'improvvisa notte
Gli occhi al fanciullo: muto muto sta,