Page 361 - Lezioni di Mitologia;
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E le ginocchia gii configge il duolo;
Più non gli detta la confusa mente
Parole, e sembra effigiato sasso
Custode delle tombe. Acuto grido
Mise la madre, ed esclamò: Tremende,
Che festi? così siete, o dive amiche?
Toglieste gii occhi al mio fanciullo! o figlio,
Figlio infelice: di Minerva i fianchi
Scorgesti e il petto; ma di nuovo il sole
Non vedrai certo. me misera, o monte,
Elicona, dai miei lumi lontano
Siatevi sempre. Tu per lievi cose
Prendesti, o dea, terribil pegno: i lumi
—
Hai del mio figlio per corvette e damme?
Sì Cariclo dicendo, al sen stringeva
Con entrambe le mani il caro figlio.
Così dell'usignol piange la madre
Quando divora i non pennuti figli
L'ascoso serpe! Ella tornando ammira
L'insolito silenzio, e l'albor caro
Mira sparso di sangue, ed errar vede
Le note piume per lo sparso nido.
Ma di Minerva il cor pietà percosse,
E all'amica dicea: Donna divina,
Ritratta i detti del furor; non feci
Io cieco il figlio tuo, che grato a Palla
Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa
Legge di Giove: chi gli eterni mira.
Se non l'elegge Iddio, grave mercede
N'ottiene. I fusi delle dee sorelle
Prego mortale non richiama: il figlio