Page 368 - Lezioni di Mitologia;
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non temesse. Ancliise la esaminava e stupiva ad
un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché
era coperta di un peplo più risplendente di un raggio
di fuoco; collane di vario ornamento cingevano il
delicato collo; e il petto, simile alla crescente ar-
gentea luna, traspariva dal velo.
Salve, Regina, disse l'eroe, chiunque tu sia
delle beate, o Diana, o Latona, o la bella Venere,
Temi generosa, o Pallade dagli occhi glauchi, o
forse una delle Grazie o delle Ninfe: salve; io ti
farò un'ara ove in ogni tempo dell'anno vaghe ostie
ti saranno immolate: e tu concedimi che fra i Tro-
iani io mi distingua; dammi spaziosa e felice vita,
florida prole, ed invidiata vecchiezza.
Dissimulò Venere la sua divinità dicendo di esser
figlia di Otreo, che alla ben munita Frigia coman-
dava, e rapita da Mercurio dal coro di Diana come
destinata in sposa d'Anchise.
Crebbe l'amore nel petto del Troiano non con-
tenuto dalla riverenza che come dea le inspirava,
e condusse al talamo coperto da pelli d'orse e di
leoni di propria mano uccisi la creduta fanciulla,
che indietro si volgeva chinando a terra gli occhi
verecondi. Qui sciolse il cinto di Venere, giacque
fra le braccia immortali, e fu concepito Enea. Ma
quando di nuovo i pastori riconducono alle stalle
l'armento dalle fiorite pasture, stette Venere sul
capo di Anchise a dolce sonno in preda, d'eterna
bellezza ripiena, e vera dea nell' aspetto comparve
dicendo: Sorgi, o Dardanide, vedi chi sono, e se
nulla ritengo dell' antica sembianza. — Sollevò la