Page 510 - Lezioni di Mitologia;
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                 «    Sonno, o de la queta, umida, ombrosa
                   Notte placido figlio, o de' mortali
                   Egri conforto, oblio dolce dei mali
                   Sì gravi, ond'è la vita aspra e noiosa;
                 Soccorri al core ornai che langue, e posa
                   Non ave; e queste membra stanche e        frali
                   Solleva: a me ten vola, o Sonno, e      l'ali
                   Tue brune sopra me distendi e posa.
                 Ov'è  il silenzio, che  il di fugge e  il lume?
                   E  i lievi sogni, che con non secure
                   Vestigia di seguirti han per costume?
                 Lasso! che invan te chiamo;     e queste oscure
                   E gelid' ombre invan lusingo.       piume
                   D'asprezza colme! o notti acerbe     e- dure!  »


                 Alato, come avete udito, lo hanno figurato i poeti,
              perchè con prestezza    tutto l'universo percorre, e
              chiude   all' improvviso  gli occhi  dei mortali. Sola-
              mente   il suo volo manca qualche volt^ innanzi le
              case del dolore, e non sempre serpeggia fra le la-
              crime  dell'infelice. Ma s'egli  lo  ricopre  colle sue
              penne può disprezzare la servitù,    il dolore, la mi-
              seria, e tutti  gli altri mali che sono sulla terra per-
              petua eredità dell'uomo.
                 Questo Dio però coi suoi benefizii ci rapisce, quasi
              crudele esattore, la metà della vita, e fa, come dice
              il divino Dante:
                    «           che seggendo in piuma
                   In fama non    si vien, né sotto coltre:
                 Sanza la qual chi sua vita consuma,
                   Cotal vestigio in terra di sé lascia,
                   Qual fumo in aere od in acqua la schiuma. »
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